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OPETH A MILANO – IL REPORT

Opeth
6 Ottobre 2025
Alcatraz – Milano
Report di Daniele Follero

“Da quanti anni non tornavamo in Italia??” Mikael Åkerfeldt chiede aiuto al pubblico dell’Alcatraz che, simpaticamente, lo invoca scandendo il suo nome in italiano (“Mi-che-le, Mi-che-le”). Quando realizza, dalla risposta dei fan in prima fila, che sono trascorsi “solo” tre anni, il leader degli Opeth si stupisce. “Sembrava fosse passato più tempo” risponde, meravigliato, sottolineando l’ottimo rapporto tra la band svedese e il Belpaese, tradizionalmente culla di uno dei più importanti movimenti progressive rock che abbia conosciuto l’Europa, con il quale “Michele” sente una forte affinità. E non manca di ricordarlo, citando, con il suo duro accento scandinavo alcuni nomi storici del prog nostrano, dal Balletto di Bronzo al Banco (aggiungere “Del Mutuo Soccorso” sarebbe stato un po’ ostico…).
Sono tante le chiacchierate con la platea che il cantante/chitarrista si concede, qualche volta per accordare lo strumento, qualche altra per riprendere fiato. Due ore sono tante, soprattutto se affrontate con l’intensità che il quintetto riesce a esprimere per tutta la durata della performance, senza indugi, né cali di tensione. L’età, però, avanza e ogni tanto bisogna fermarsi, come ammette, ironico Åkerfeldt
Nelle prime file si vede qualcuno saltare, pogare e pogare, ma la maggior parte dei presenti sembra incantata, ipnotizzata dalla musica.
Introdotti sul palco da Seven Bowls di Aphrodite’s Child, i musicisti si presentano con il paragrafo 1 del nuovo album The Last Will and Testament. Passato e presente si alternano come in una macchina del tempo che ritorna periodicamente all’oggi: Master’s Apprentices, The Leper Affinity (unica escursione nel mai troppo apprezzato Blackwater Park), The Devil’s Orchard, To Rid the Desease, Heir Apparent, Ghost of Perdition, fino a giungere al momento “nostalgia” con The Night and the Silent Water, unico superstite degli Opeth anni Novanta, quelli più “cattivi”. Il tutto intervallato da altri due “paragrafi”, il 3 e il 7 che, dal vivo, assumono un aspetto diverso, più diretto ed emozionante.
Dopo una lunga e trascinante Deliverance, offerta come bis, cala il sipario sull’Alcatraz, che ha onorato con un sold out l’unica data italiana del tour. La conclusione non può che essere una standing ovation.

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