ROBERT HENKE | CBM 8032 AV
TEATRO MALIBRAN – VENEZIA 17 OTTOBRE
BIENNALE MUSICA 2023
Questa è la cronaca di un lungo viaggio e diversamente non potrebbe essere, visto che il teatro che lo ospita sorge sul luogo dove era costruita la casa di un grande viaggiatore chiamato Marco Polo, casa distrutta da un incendio nel lontano 1597. Tornare al Malibran per un veneziano è sempre fonte di ricordo, dato che era un luogo un tempo assai frequentato, tornarci per una sfida rende l’evento ancor più coinvolgente, trattandosi di un confronto con il tempo, più precisamente il suo passato rappresentato da cinque Commodore CBM8032, computer che risalgono all’anno 1980. Avevano una memoria di 32Kb, un monitor da 12” e capacità di visualizzare fino a 80 colonne. Nessuna scheda audio o video, ovviamente. La sfida era riuscire a interagire con queste macchine, creando un dialogo che comportasse l’uso del suono e dell’immagine, elementi a loro praticamente sconosciuti. Un incredibile lavoro di archeologia sonora informatica che solo lo sviluppatore di Ableton poteva affrontare portandolo a compimento. Il segreto è una scheda audio costruita dallo studioso informatico e compositore tedesco che permette l’interazione con questi antichi testimoni di un futuro per noi ormai superato.
Ma chi è Robert Henke? Pochi lo conoscono con il suo vero nome, esclusi coloro che da sempre seguono le vicissitudini del suono elettronico o della scienza informatica. Per chi frequentava i microfoni delle radio in FM verso la fine dei ‘90 e primi 2000, Henke (in duo con Gerhard Behles) aka Monolake formava un act in grado di inserire sul vinile suoni non ancora diffusi, pura ricerca sonora che fondeva assieme elementi apparentemente dissimili come il beat, la dilatazione ambient, il noise del glitch, il dub. Tutti elementi che formavano quella miscela chiamata minimal tutt’ora presente soprattutto a Berlino, patria artistica del nostro. L’altra parte della sua vita era ed è occupata dallo studio dell’informatica e dalla produzione audiovisiva collegata allo sviluppo dell’algoritmo. Il suo nome è indissolubilmente legato ad un software principe in campo musicale, essendo Henke uno degli sviluppatori di Ableton. Una vita dedicata alla ricerca che lo vede occupare cattedre universatarie, tenere conferenze sull’uso creativo del computer e sul suono a lui collegato. A tutto questo si aggiungono le installazioni, le performance e i live presentati in innumerevoli luoghi del globo tra cui questa edizione della Biennale Musica.
Eccoli lì quindi, Commodore esposti sopra un palco non come cimeli di epoche remote ma come testimoni e artefici di un viaggio che ci trascinerà oltre le barriere temporali, all’interno di una dimensione futura che appartiene all’antico e viene svelata grazie al gesto di un costruttore di ponti temporali che vive in una dimensione futura, anche rispetto alla nostra odierna.
E’ una strana sensazione di malessere, quella che prende lo stomaco quando la possente profondità del beat inizia ad interagire con le immagini che scorrono sull’enorme schermo che riporta alla memoria quello sul quale si guardavano i film qui proiettati, quando questo era il Cinema Malibran. L’atmosfera satura del colore verde sprigionato dai piccoli video degli antichi antenati, invade lo spazio lanciando tutto attorno migliaia di numeri pulsanti e simboli dimenticati, nascosti nelle pieghe del tempo. Ciò a cui stiamo assistendo è una cerimonia di connessione profonda con la nostra memoria, con un mondo dimenticato che magicamente prende vita, si fa sentire e vedere.
L’orecchio, ormai abituato al suono moderno, cerca delle connessioni con quanto ora sta uscendo dal notevole impianto audio che supporta quello che definirei senza vergogna, un vero e proprio spettacolo. Cerca dei link, pensa all’esprimersi di qualche sotto-genere in qualche modo riconducibile a quanto si sta ascoltando ma, per quanto mediata da una scheda audio costruita nel presente, quella che si sente è la voce del passato che solo grazie alla conoscenza acquisita nel presente si può ascoltare e finanche guardare.
Il beat imperversa, immerso in una amalgama di suoni che tentano di raggiungere una definizione simile a quella attuale. Il viaggio si fa via via più intenso e profondo e il malessere cede lo spazio allo stupore, mentre colui grazie al quale tutto ciò è possibile, continua a dialogare con il piccolo CBM8032 che sorveglia e controlla gli altri suoi simili ora lanciati al massimo delle loro possibilità, fino all’ultimo beat, fino all’ultimo Kb.
Si esce stremati da questa prova multisensoriale, da questo gesto al contempo artistico e scientifico, da questa dimostrazione suprema di possibile dialogo uomo/macchina tra passato e presente spinti al limite, ai confini del tempo. Mirco Salvadori