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WOLF PEOPLE

Ruins | Jagjaguwar

Pensare a quel che resterebbe se la civilizzazione (ammesso abbia ancora un significato condiviso) dovesse andare in frantumi è un pensiero complesso e nemmeno troppo originale. Film e serie TV (per non parlare della letteratura) hanno accolto da decenni più o meno seriamente la questione. Ci provano con altrettanta serietà anche i Wolf People, con questo nuovo album per Juguguwar. La band inglese (unica straniera nel roster Jagjaguwar, si afferma con orgoglio) mischia psichedelia sfrenata all’heavy metal, senza rinunciare a qualche ispirazione folk e a qualche timido inserto pop. Più difficile a dirsi che a farsi, in pratica. Ruins, con le spalle cariche di distruzione e terre desolate parte con piglio deciso: Ninth Night si affaccia come se l’acido Dungen spingesse ancora più in avanti le elettriche; Rhine Sagas si svela con un bel riff e un ruvido tappeto psichedelico, ma i muscoli mostrati nel finale dalle elettriche paiono un po’ fuori contesto. Così, proprio quando si comincia a temere un approccio alla guitar hero, il disco regala il meglio di sé. Kingfisher offre una docile melodia vocale che gioca sui tempi dispari senza innescare alcuna riscossa elettrica; Thistles è un docile viaggio etereo; Belong scioglie un ardito richiamo indiano tra folk e psichedelia, Salts Mill si aggira con carattere perfino nei dintorni dei Fleet Floxes. Un bell’album complesso e coraggioso.

Paolo Dordi

 

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