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WILCO

Milano | Fabrique | 12 novembre

Non è una coincidenza che a quattro giorni dall’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, i Wilco si presentino sul palco esordendo con Ashes of American Flags. La preoccupazione per il futuro dell’America sembra aver contagiato anche Jeff Tweedy e soci, che proprio con le “ceneri delle bandiere americane” iniziano il concerto di sabato scorso al Fabrique di Milano.

Lo spettro delle recenti vicende politiche a stelle e strisce ritornerà ancora, più avanti durante la serata: «Non succedeva da tempo che noi Americani fossimo così preoccupati su che cosa fare», dirà Tweedy dal palco. In parole povere, non tutto il male verrà per nuocere, se servirà ad unire le persone.

Il resto del concerto, che inizia puntualissimo e viaggia intorno alle due ore, immerso tra le fronde, i rami e le foglie degli alberi che compongono la scenografia, sarà però interamente dedicato alla musica. Ci tenevano, i Wilco, a tornare in Italia, non ne fanno mistero e vengono accolti da un pubblico numeroso e caloroso, tra cui ci sono anche diversi fans provenienti dall’estero.

Sebbene Milano sia l’unica data italiana del giro europeo di concerti battezzato Star Wars Tour, dal titolo dell’album del 2015, molti brani in scaletta fanno parte dell’ultimo Schmilco, uscito, a sorpresa, lo scorso autunno: Normal American Kids vede unici protagonisti Jeff Tweedy, cappello bianco, occhiali spessi e capelli raccolti in improbabili treccine e la chitarra del funambolico e mai convenzionale Nels Cline; seguono If I Ever Was A Child e Cry All Day, mentre più tardi sarà il momento di Someone To Lose, Locator e We Aren’t The World (Safety Girl). Se le nuove canzoni non hanno convinto tutti gli ascoltatori sul disco, nel contesto live riescono comunque a non sfigurare, anche a fianco di titoli ormai classici come I Am Trying To Break Your Heart, la struggente e disturbata Via Chicago, Impossible Germany e la toccante Jesus, etc., numeri acclamati dagli spettatori, che li accompagnano con un sing along che Jeff sembra decisamente gradire. Più che brani targati Wilco, però, le selezioni da Schmilco assomigliano più ad outtakes del recente progetto solista del leader, condiviso con il figlio Spencer alla batteria e confluito nell’album Sukierae. Un lavoro pubblicato nel 2014, a nome Tweedy, composto da ballate intimistiche affidate ad un largo uso di chitarre acustiche e percussioni che molto hanno in comune con le sonorità dell’ultima fatica dei Wilco. L’impressione è che Tweedy voglia portare anche la band verso quello stesso suono. Territori acustici che al Fabrique si sono potuti esplorare anche durante l’opening act, affidato al solista William Tyler, già chitarrista dei Lambchop, il quale ha dipinto paesaggi sonori strumentali in un mix di folk, country e psichedelia che evoca il fantasma di Gram Parson ed è definito Cosmic American Music.

Una tesi che si rafforza ascoltando l’arrangiamento più intimo e raccolto di Misunderstood, in cui pure il bassista John Stirratt, braccio destro di Tweedy e motore dei Wilco, insieme al creativo batterista Glenn Kotche, imbraccia una dodici corde acustica.

Tuttavia, l’indole più rock della band di Chicago non è affatto assente a Milano: Box Full Of Letters, Heavy Metal Drummer eI’m The Man Who Loves You ne tengono alta la bandiera, mentre Hummingbird e The Late Greats chiudono la parte centrale del concerto.

Richiamati sul palco a gran voce dal pubblico, i Wilco si congedano con due momenti differenti: il primo è più elettrico e sostenuto, con i riff ipnotici di Random Name Generator  e la lunga Spiders (Kidsmoke), che raggiunge i dieci minuti di durata e mostra un Jeff Tweedy chitarrista trasportato, trascinante e attento ad ogni singolo suono; il secondo, invece, è nuovamente acustico, con California Stars, War On War e la conclusiva A Shot In The Arm, che vedono Cline alla dobro, Mikael Jorgensen alla melodica e Pat Sansone a banjo, chitarra acustica e triangolo.  

Quattro bis per le due anime del gruppo, quella più interessata alla sperimentazione, alle distorsioni e alle dissonanze e quella più legata al folk e alle radici della musica americana, per non scontentare nessuno.

Regola d’oro: mai accontentarsi di ascoltare i Wilco sui dischi. Qualsiasi direzione stiano prendendo Tweedy & Co., quello che è certo è che dal vivo sono una band sempre migliore di quanto ci si può aspettare.

Marco Oliveri (testo e foto)

 

Scaletta:

Ashes Of American Flags

Normal American Kids

If I Ever Was A Child

Cry All Day

I Am Trying To Break Your Heart

Art Of Almost

Pickled Ginger

Misunderstood (Acoustic Version)

Someone To Lose

Via Chicago

Reservations

Impossibile Germany

Jesus, etc.

Locator

We Aren’t The World (Safety Girl)

Box Full Of Letters

Heavy Metal Drummer

I’m The Man Who Loves You

Hummingbird

The Late Greats

Random Name Generator

Spiders (Kidsmoke)

California Stars

War On War

A Shot In The Arm (acoustic version)

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