Umberto Maria Giardini
Lentezza della Sostanza
È durato tre anni il silenzio che aveva messo tra sé e il suo alter-ego – un silenzio non privo di vis polemica, e ragionevolmente condivisibile, sul mondo indie –, e dopo breve parentesi con i collaterali Pineda, torna Moltheni, ovvero UMG, col proprio patronimico forse a segnalare una certa volontà di cesura, o forse a ridisegnare un nuovo modello in cammino, chissà. Resta l’oscura pulsione, un po’ blasé, di un outsider di rango, per un disco che è viaggio astrale nella tradizione, in cui s’attinge ad una lentezza che diventa fine qualità del tempo, una pulsar tra dilatazione e concrezione, a ricordarci che solo la sostanza deposita sedimenti, sempre.
Mi parli di cosa marca la differenza (se c’è) tra Moltheni e Umberto Maria Giardini?
Se di differenza si può parlare tra ciò che è stato Moltheni e ciò che sarà UMG è comunque, perfino da parte mia, tutta da ricercare. È indubbio che un passaggio ci sia stato, come la consegna di un testimone, di chi arriva e si ferma e di chi riparte; avevo intenzione di ripropormi sotto nuova veste e quindi seguendo una sorta di evoluzione naturale, sia nel suono che nell’impostazione della nuova produzione…
Su Rockerilla di Ottobre l’intervista di Gioele Valenti.