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U2

Songs of Innocence | Island

U2-songs-of-iSono ormai più di quindici anni che, ad ogni uscita di un nuovo album degli U2, si grida ad un presunto ritorno alle radici, all’essenzialità delle origini. Come se l’aver abbandonato le grandeur pseudo-kitsch di Zooropa e Pop, significasse di per sé un ritorno al rock con la R maiuscola. La virata radio friendly che, invece aveva caratterizzato gli ultimi lavori in studio di Bono & co., ha abbassato talmente il livello di decenza, da fare apparire un disco, tutto sommato, mediocre come Songs of Innocence, come una svolta positiva. Si ha quasi l’impressione che, dopo anni di totale abbandono, la band di Dublino abbia finalmente ritrovato la propria identità. Ma solo a tratti.

Nei richiami alla new wave di This is Where you Can Reach me Now (dedicata a Joe Strummer), nel rock tagliente di Volcano e nel ritmo saltellante in stile Adam Ant di The Miracle (of Joey Ramone), GLI U2 riescono a guardarsi indietro senza sentimentalismi revivalistici, ricreando il proprio passato, più che riprodurlo.

Tutto qui, fatta eccezione per un altro paio di episodi che meritano l’ascolto (la ninna nanna elettronica Sleep Like a Baby Tonight e Raised By Wolves). Il resto è noia, tra ballate scialbe, (innocente) pop da radio mainstream, (poco innocenti) accordi milionari con la Apple e la promessa di un seguito che, per completare il titolo di una raccolta di poesie di William Blake, si chiamerà Songs of Experience. Dignitoso.

Daniele Follero

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