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TUXEDOMOON Bologna |

Dom | 03/04/2014 |

 

Era stato il Teatro Antoniano ad ospitarli per la prima volta a Bologna, trentaquattro anni fa. L’accoglienza che i Tuxedomoon ricevettero in Italia in quel lontano 1980, fu la scintilla che accese l’amore della giovane band di San Francisco per l’Europa, e che presto li avrebbe convinti a trasferirsi nel vecchio continente. <<In Europa la gente ci prendeva sul serio,  ci considerava degli artisti>> mi confessa Blaine Reininger quando gli chiedo del perché di questa decisione.

A distanza di tanto tempo, il pubblico bolognese si è mostrato fedele ed ha riempito per tre sere di fila il Dom di Bologna, una location piccola, ma che si è rivelata il luogo adatto ad ospitare il loro show multimediale. Uno show sobrio eppure molto intenso, intimo ma vivo ed avvolgente, durante il quale la musica è stata quasi sempre accompagnata dalle immagini proiettate da Bruce Geduldig.

La scaletta è un viaggio attraverso il passato e il presente della band, dagli esordi di Half Mute agli album che hanno segnato il ritorno dei Tuxedomoon negli anni 2000, Cabin in the Sky e Vapour Trails. E’ così che le due ore di musica si trasformano in un misto di nostalgia per il passato e nuove prospettive musicali, che si lasciano alle spalle il post-punk e la new wave per immergersi in un linguaggio più evocativo, cinematografico.

Il continuo cambio di strumentazione, con Blaine Reininger che si alterna alla chitarra e al violino, Brown che passa dal piano al sax soprano, al clarinetto, e Van Lieshout che si destreggia con la tromba, il flicorno, l’armonica e le tastiere, crea una spettacolare tavolozza di colori timbrici, capace di dare vita a calde e armoniche atmosfere jazzistiche e, un attimo dopo, passare ai toni acri e dissonanti della new wave. Unica nota stonata, un mixaggio dei suoni che ha tenuto in ombra la drum machine e la chitarra, accentuando esageratamente il volume delle voci.

Negata al pubblico la tanto richiesta What use, è con Nazca, Desire e Dark Companion che la celebrazione del passato che più li lega all’Italia, ha raggiunto il suo apice, senza mai dare, tuttavia, l’impressione di cedere ad alcun sentimentalismo revivalistico.

 Daniele Follero

ph Gianpaolo Zaniboni

 foto-di-Gianpaolo-Zaniboni-2-(Large)

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