THE POP GROUP
Torino | sPAZIO211 | 7 Febbraio
Non avremmo potuto mancare a questo ultimo appuntamento concertistico con il punk-funk adrenalinico del Pop Group: lo stravolgimento nucleare del ritmo. La storica formazione capeggiata dal corpulento Mark Stewart si è rimessa on the road per promuovere il nuovo album Honeymoon On Mars, secondo capitolo a lunga durata dalla reunion del 2010 e quarto capitolo pieno dalla fondazione del gruppo in quel di Bristol nel ’77. Hanno sferrato un blitz fulminante, messo a regime tutto il loro fervore sovversivo, irradiando rabbia mai placa e scintille di empito tribale come nella migliore tradizione della truppa inglese. Una formazione di titani tutt’altro che ammorbidita e più che mai determinata a vomitare sentenze sullo stato attuale (perenne) delle cose, pronta a crivellare ‘idealmente’ il ventre molle dell’ordine costituito e a scuotere ‘fisicamente’ le coscienze a colpi di messaggi urlati e turbe di sonorità dinamite. L’attacco parte sulle linee di fuoco e le rasoiate vocali di Thief Of Fire, brano che apriva il leggendario capolavoro shock del ’79 Y, per proseguire su questa medesima lunghezza d’onda con Citizen Zombie (dall’album del 2015 con lo stesso titolo), volto a surriscaldare l’ambiente e le emoglobine degli astanti (piuttosto numerosi) a stretto giro di riff e di tamburo compresso. Dal repertorio del penultimo album in studio saranno estratte altre zampate devastanti come Shadow Child, Mad Truth e St. Outrageous, intercalandole sistematicamente alle scorrerie gravitazionali provenienti dal più recente Honeymoon On Mars, fra cui la ficcante Little Town e la pulsante danza elettronica di Zipperface. Ma i veri pezzi forti li abbiamo ritrovati negli anthem muriatici, ultra-ideologici, della prima ora, a cominciare dall’inossidabile funky tribal-psicotico di We Are All Prostitutes, inno epico di un’era, sino alla doppietta di singoli mozzafiato, Where There’s A Will… e We Are Time, selezionati per il bis finale di una prestazione potentissima, sferragliante e politicizzata fino al midollo. Ma che, aldilà delle ideologie, parla di una grande cult-band ancora assolutamente agguerrita e vitale.
Aldo Chimenti