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The 1975

Milano | Fabrique | 12 aprile

Strano destino quello dei 1975. Di solito sono i fan che cercano in tutti i modi di avvicinare stile, usi e costumi dei propri idoli, con il gruppo di Manchester invece pare accadere l’esatto contrario: tanto quanto quasi tutte le giovani adoratrici di Matt e compari, tra un urlo e l’altro, si vedono il concerto attraverso lo schermo di un telefonino, così anche la loro band preferita decide di filtrare l’impatto diretto di un live suonato, utilizzando in modo davvero eccessivo basi preregistrate. Il risultato forse sarà comunque ottimale per le signorine presenti, ma un po’ spiazzante per chi invece ricordava i 1975 come dispensatori di ottime melodie pop cariche e vitali, ma sopratutto ottimi creatori di groove con incastri sempre molto riusciti di basso e batteria. L’impatto ritmico, così come quello rock, si perde nell’eccessiva elettronica della serata e pare proprio che i 4 inglesi stiano facendo le prove per aggiustare sempre più il tiro per le terre americane (il tour in USA partirà tra pochissimi giorni), in cui queste basi e il loro taglio R&B faranno furore.

I nuovi pezzi continuano ad essere senza particolare mordente e il rimpianto di non aver ascoltato Settle Down o The City (escluse dalla scaletta) è decisamente alto se pensiamo a miserie sonore come Love Me o UGH!. Alla fine comunque più di 20 brani in scaletta e, al di là di un primo disco decisamente sacrificato, spiccano molti ripescaggi da b-side e brani meno noti (You come sempre su tutte) o quantomeno non finiti come colonna sonora di un video. Peccato che anche l’equilibrio della setlist lasci un po’ a desiderare, con troppi tempi morti che stentano ad essere cancellati del tutto dalle successive e necessarie risalite.

Matt Healy gioca ad accumulare pezzi che rimandano ad altri frontman passati o presenti: una camicia che riporta al grunge di Cobain (tra l’altro praticamente la stessa camicia indossata pure da Amber Bain, in arte Japanese House, che sarà pure una pupilla di Matt e George dei 1975, ma stasera, in apertura, ha solo dato un senso concreto e uditivo alla parola noia), i capelli modellati sul look di Michael Hutchence e movenze degne di Kanye West. Ci si chiede quale sia la vera personalità del nostro, che nelle interviste dimostra di avere ego da vendere, mentre on stage ci pare proprio di no.

Se nelle vendite e nella popolarità la band ha fatto passi da gigante non si può dire altrettanto nel live, che a conti fatti risulta essere meno incisivo rispetto a quelli visti anche nel nostro paese negli anni scorsi.

Riccardo Cavrioli

Qui la prima intervista italiana ai THE 1975 pubblicata prima dell’uscita del loro disco d’esordio.

 

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