TEMPLES FESTIVAL
Bristol, (UK), 29-31 Maggio
Dopo il meritato successo riscontrato l’anno scorso, Temples ritorna in grande stile: alla sua seconda edizione l’evento dedicato alla musica estrema registra il meritato sold-out, dimostrando di essere già uno dei festival preferiti dai britannici e di avere un’ascesa di partecipazione anche da parte del pubblico oltre manica. Con nomi a livello di Converge, Sunn O))), Earth in vetta alla scaletta delle tre giornate come headliner, concerti esclusivi di band sempre accolte a braccia aperte nel Regno Unito (Triptykon, Between The Buried And Me, Tribulation, Voivod) e nuove / semi-nuove realtà musicali inglesi (Caiina, Slabdragger, Sonance), Temples offre il divertimento assicurato anche ai palati più esigenti. Le logistiche per raggiungere la venue adibita per l’evento, che rispetto all’anno scorso comprende un terzo palco, non potrebbero essere più accessibili. Il Motion si trova a pochi metri di distanza dalla stazione centrale di Bristol, Temples Meads, ed è anche facilmente raggiungibile dall’aeroporto che offre collegamenti con gran parte delle capitali europee grazie a voli diretti anche tramite compagnie low-cost. Per i pernottamenti, ce n’è per tutti i gusti e esigenze. Il Double Tree Hotel (http://doubletree3.hilton.com/) del gruppo Hilton, situato quasi di fronte alla stazione di Temple Meads, è da proporre in quanto offre soluzioni vantaggiosissime dal punto di vista qualità / prezzo, soprattutto per chi ha voglia di trattarsi bene con una bella colazione all’inglese prima di iniziare la maratona di concerti. Una volta arrivati al Motion, i fan possono godersi all’aperto (tempo permettendo) un paio di birre e delle ottime degustazioni locali (con soluzioni vegetariane e vegane), nello spazio riservato tra la venue principale e il terzo palco, con tanto di tavolate stile taverna. All’interno del Motion, ci sono ben cinque bar a disposizione del pubblico: immancabili i banconi adibiti alla vendita di merce esclusiva, che quest’anno ospita anche le opere di Jimbob Isaac, chitarrista degli Hark nonché artista noto per la sua collaborazione con una serie di gruppi, tra i quali i Red Fang, e responsabile di tutta la parte grafica del festival.
La prima giornata si apre con la furia minacciosa dei londinesi Throats che lanciano raffiche intermittenti di un sano hardcore/grind, perfetto per iniziare la giornata e per svegliare il pubblico dal torpore delle prime ore del pomeriggio causato dalla pioggia che oggi non ha dato clemenza. Dagli assoli compattati e sparati a mille si passa al punk/death dissonate dei connazionali Oblivionized, un trio che sta certamente attirando l’attenzione della massa grazie ad un sound ricco di melodie perverse, rallentamenti e un clima cupo. Un cambio di scaletta vede gli americani YAITW (Young And In The Way) prendere possesso del palco principale con una realtà totalmente diversa dai predecessori. Il loro è un ibrido ben riuscito di crust e black ricco di una produzione intensa che dal vivo, grazie alla figura prominente del frontman Kable Lyall, riempie tutti gli spazi e tutte le frequenze. L’atmosfera subisce un cambio ancora più radicale con gli americani di Chicago Harm’s Way, protagonisti indiscussi del miglior hardcore della giornata. I ritmi diventano ancora più pericolosi con i connazionali Enabler, che lanciano energia pura dalle due estremità del palco grazie alle capacità tecniche più che ammirevoli di Jeff Lohrber e di Nathan Landolt che offrono dei fraseggi di chitarra e degli attacchi di basso dal vago sapore prog. Il terzo palco ospita oggi una delle sequenze più singolari dell’evento: i neozelandesi Meth Drinker e i londinesi Slabdragger. Entrambe le band, composte da musicisti giovanissimi con elevate capacità tecniche, offrono due esempi di sludge/doom perfetti per lasciarsi andare in un turbine di puro oblio. Gli eroi del terzo palco di questa prima giornata potevano essere solo gli americani di Wilmington (NC) Weedeater. Con il posizionamento sul palco del batterista Travis “T-Boogie” Owen, il set parte con una successione di parti allungate e atmosferiche, passaggi di chitarra ribassati e distorti all’ennesima potenza dai vocalizzi dal timbro scuro e brutale del frontman “Dixie” Dave Collins. Dopo le mitragliate grindcore dei Pig Destroyers, la giornata si chiude con il set esclusivo dei Converge. Lo squadrone americano manca dal Regno Unito da troppo, e si vede. Il pubblico è stipato all’eccesso contro le barriere per assaporare in pieno versioni particolarmente esplosive di All We Love We Leave Behind e Reap What You Sow dove la dinamica del sound grezzo e aggressivo avvolge in un circuito elettrico dal quale è impossibile sfuggire. La seconda giornata parte con l’assalto sonoro degli inglesi di Manchester Caïna, artefici di un cinematic black noise lanciato a volumi atroci e reso ancora più tenebroso e misterioso dai vocalizzi del frontman Laurence Taylor. La torcia viene passata ai punkeggianti danesi Halshug che seguono il set un po’ troppo raffermo degli Impetuous Ritual e dei Grave Miasma quasi in contemporanea agli inglesi Sonance, che oggi giocano in casa essendo originari proprio di Bristol. Sono da ammirare per l’abbondanza di architetture visual che si fondono alla perfezione nelle loro sonorità doom, dove spiccano assalti estremi e partiture melodiche particolarmente atmosferiche. La sensazione dei Torche, un’altra band tutta stelle e strisce che lascia un segno indelebile, colpisce ancora: da molti definiti come i Nirvana all’ennesima potenza, questi musicisti tutti altamente preparati e carichi di adrenalina si distinguono con un set avvincente sia per l’ottima tecnica esecutiva che per le atmosfere estreme. Dopo un set ricco di groove classicheggiante e accattivante da parte dei Goatsnake e uno che lascia molto a desiderare da parte degli australiani Portal, la cui presenza scenica supera di gran lunga la qualità del sound, arriva il momento di una delle band più attese di tutto l’evento: Il secondo palco oggi appartiene indubbiamente ai Triptykon del leggendario Tom G. Warrior. Il pubblico è incantato dalle sequenze di brani quali Alter Of Deceit e Abyss Within My Soul oltre alle immancabili cover dei Celtic Frost Procreation (Of The Wicked) e The Usurper eseguite con la maestria e la classe di un top performer in assoluto. Con l’arrivo degli americani Sunn O))) diventa difficile, se non impossibile, vedere a pochi centimetri di distanza. Dal palco principale viene gettato senza interruzione e per tutta la durata del set un fumo denso che invade il pubblico, quasi come un presagio a una catastrofe inevitabile. I volumi atroci di Jubilex confermano che questo plotone d’esecuzione drone metal è sulla strada per confermarsi come una delle realtà live più interessanti del decennio. La giornata di chiusura parte con la carrellata di ottime soluzioni strumentali degli Anta ma la tentazione di raggiungere il terzo palco per non perdere neanche un secondo del set degli svedesi Tribulation è troppa: la band capitanata dal bassista Johannes Andersson offre un esempio unico di identità di band, dove una serie di basi tradizionalmente progressive death e black si scontrano con sound ricco di elementi innovativi. Il loro ultimo album The Children Of The Night, il terzo per la formazione di Arvika, sta letteralmente spopolando nei circuiti metal internazionali. Con l’umore alle stelle, il pubblico ritorna al palco principale per il set dei Ghold e per quello ancora più doomeggiante dei Pallbearer: le note cadenzate e profonde di The Ghost I Used To Be e di The Legend preparano per due dei set più esplosivi della giornata, quello dei canadesi Ken Mode e degli americani Goatwhore. Questi ultimi, insieme ai connazionali Between The Buried And Me con i riff del chitarrista Paul Waggoner che viaggiano alla velocità della luce, inondano un’audience caricata a mille di assalti sonori dai quali è impossibile scappare. Con i rimbombi delle note fangose degli Earth, Temples 2015 chiude i battenti in pompa magna: la terza edizione di questo festival esclusivo è già confermata, dal 3 al 5 giugno 2016. No sponsors. No gods. No masters.
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Fabiola Santini (testo e foto)