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TAME IMPALA

Magazzini Generali Milano, 26/10

Introdotti dal breve set dei supporters norvegesi Young Dreams – zuccherosi pronipoti dei Beach Boys pronti a germogliare nel fertile catalogo della Modular, la stessa label che ha lanciato i Tame Impala – alle 21 esatte si presentano ad un pubblico accalcato e vischioso i cinque musicisti di Perth. I Tame non eccedono in divagazioni da palco nè in jam da tempi supplementari e sfoderano una scaletta che convince per compattezza pur nel suo essere inevitabilmente, gradevolmente, costipata di riferimenti al passato: come un ottovolante lanciato in una corsa mitopoietica indietro nel tempo, il gruppo sfreccia accanto ai Beatles e ai primi Mercury Rev, sfiora la psichedelia multicolore dei Flaming Lips, sfodera synth radianti che tracimano oltre l’orlo del kitsch alla maniera della Electric Light Orchestra. Un’ora e mezza di show con tutto il meglio dei loro due album Innerspeaker e Lonerism, da Solitude Is Bliss a Alter Ego da Apocalypse Dreams a Feels Like We Only Go Backwards, brano in stato di grazia che ti dà il colpo di grazia, fino al nuovo singolo Elephant, (in)volontario tributo al progressive pop degli Utopia. Avviso ai fan che hanno cercato, invano, al banco del merchandising la versione deluxe dell’ultimo CD con tre brani in versione live e un paio di remix, uno dei quali firmato proprio da Mr. Utopia in persona, Todd Rundgren: compratelo sul sito di Rough Trade Shop, ma fate in fretta perché la Tame-mania è già cominciata.

Raffaele Zappalà

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