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SWANS

Bologna | Auditorium Manzoni | 5 Novembre

Benvenuti nel magico mondo di Michael Gira, dove il suono è un’esperienza estrema, che coinvolge mente e corpo. Benvenuti nel tempio dell’ipnosi rumoristica, dove la ricerca della saturazione dello spazio sonoro, si costruisce attraverso la ripetizione costante di pattern distorti e dissonanti. Una sfida ai limiti umani, prima ancora che espressione artistica.

Tra il pubblico del Manzoni, era facile individuare chi aveva già partecipato a qualche altro rituale-concerto degli Swans: avevano tutti i tappi. E non certo per eccesso di precauzioni, ché sentirsi fischiare le orecchie per svariate ore non è una bella sensazione..

Quisquilie in ogni caso, in un bilancio tra costi e benefici. È così magnetica la performance della band, da far passare in secondo piano le conseguenze uditive post-concerto. Ipnotizzati, si va incontro al muro di decibel che esce dagli amplificatori come quando ci si getta in un’onda per il piacere dell’impatto.

Annunciato da Gira come conclusione del capitolo Swans (ri)aperto nel 2009, per lasciare spazio a nuove idee (e nuovi musicisti), il tour di The Glowing Man ha toccato tre città italiane (Torino, Roma e Bologna). Pochine, considerato il seguito che gli Swans hanno da sempre in tutta la penisola. Ma, si sa, Michael Gira è uno che bada più alla qualità che alla quantità. Ne sono dimostrazione le quasi tre ore ad alta intensità della performance bolognese. Tre ore, sì, ma quanto è relativo il tempo in stato di ipnosi! La percezione temporale scorre ondivaga, dilatandosi e comprimendosi, attraverso le lunghe ripetizioni di pattern strumentali, in cui si inserisce la voce di Gira, che dirige gli altri musicisti con gesti simili allo sbattere delle ali.

La scaletta è, per la maggior parte basata sui brani dell’ultimo album, ma è un dato abbastanza relativo: Cloud of Forgetting, Cloud of Unknowing e The Glowing Man arrivano ad un tale livello di rielaborazione, da disorientare l’ascoltatore, perso nel mare magnum del noise. L’andamento quasi funky di Screenshot spezza l’ipnosi, ma solo per pochi minuti, prima di essere ricoperto dall’ennesima ondata di suoni ad alta intensità di decibel.

Quando torna il silenzio, dopo l’ultima nota, è quasi mezzanotte, tutto il pubblico è in piedi sotto al palco (come esplicitamente richiesto da Gira) e ci vuole qualche secondo prima che scatti l’applauso finale. L’effetto-Swans ha raggiuto pienamente il suo obiettivo. Le facce, all’uscita, non sono quelle, semplicemente appagate, di chi ha assistito a un bel concerto, ma somigliano ai volti stupiti e piacevolmente storditi di chi è appena sceso dalle montagne russe.

Daniele Follero

ph William Lacalmontie

 

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