Slayer
Final World Tour – North America 2018
Veterans United Home Loans Amphitheater – Virginia Beach, VA – 13 giugno
PNC Pavillion, Charlotte, NC – 15 giugno
Trent’anni di carriera dedicati al metal estremo, una discografia prolifica partita nel 1983 con il mitico Show No Mercy, che pochi gruppi hanno saputo mantenere ai loro livelli nel corso delle decadi, concerti e festival in ogni angolo del globo: difficile credere e accettare che i mitici Slayer abbiano deciso di gettare la spugna. Insieme ai connazionali Metallica, Megadeth e Anthrax, gli Slayer fanno parte dei “big four” i gruppi colossali che rappresentano il metal a stelle e strisce in tutta la sua potenza, questo ultimo tour americano conferma il loro status di band leggendaria. I Nostri partono al loro ultimo attacco in casa insieme ai connazionali Testament, Anthrax, Lamb Of God e ai polacchi Behemoth portando ai fan un concerto imperdibile e indimenticabile. Per questa occasione speciale sono state scelte delle arene dove il palco diventa un campo di battaglia all’ultimo sangue: sia il Veterans United Home Loans Amphitheater (capacità 20000 persone) a Virginia Beach che il PNC Pavillion (capacità 19500 persone) a Charlotte raggiungono il quasi meritato sold-out per questa ultima maratona live degli Slayer. I metalhead si riversano in massa sotto il sole rovente già per la prima band prevista in scaletta, i veterani della bay area Testament. Per il frontman Chuck Billy gli anni sembrano non passare mai: il nostro arriva sul palco con la sua intramontabile carica che trasforma brani leggendari quali The Preacher e The New Order in veri e propri inni al thrash più sanguigno, dopo aver aperto rendendo omaggio ai colleghi Metallica con una cover riuscitissima di Master Of Puppets. I chitarristi Eric Peterson e Alex Skolnick dimostrano una forza fisica non indifferente, lanciando i loro tradizionali intrecci di assoli e riff roventi. L’atmosfera cambia radicalmente con l’arrivo dei Behemoth, gli stranieri del tour. Contemplando il posizionamento sul palco del frontman Nergal, eseguito come un rituale, ci si sente catapultati nelle tenebre, all’improvviso il sole cocente sembra eclissato dalla loro presenza oscura e maligna. La messa nera parte con Ov Fire and the Void e procede con le cime tempestose del loro opus Demigod. I vocalizzi del frontman conquistano tutti i presenti che appaiono posseduti da una veemenza intossicante. Il set si conclude maestosamente con O Father O Satan O Sun!, l’inno al demonio, e i Nostri vengono salutati da un pubblico in delirio totale. Ma la tabella di marcia continua e la velocità aumenta all’ennesima potenza: quella degli Anthrax, gli speed metaller per eccellenza, è una vera forza motrice che esplode con il loro classico Madhouse, brano che potrebbe essere suonato live all’infinito, per continuare con Evil Twin e la cover dei Trust Antisocial. I vocalizzi di Joe Belladonna e gli assoli da urlo di Scott Ian si fondono in una vera energia propellente che non cala mai di tensione. Il bassista Frank Bello balza da una parte all’altra del palco come se volesse gettarsi da un momento all’altro tra la folla incandescente, a conferma che per gli Anthrax la barriera tra il palco e il pubblico potrebbe anche non esistere. Questi due set li consacrano ancora una volta tra gli allori. I Lamb Of God giocano in casa in Virginia, ma è a Charlotte che i Nostri superano se stessi iniziando il set con la mitica Omerta. Il frontman Randy Blythe, che appare in forma perfetta, recita l’inno all’onore prima di prendere possesso del palco come un leone appena liberato dalla gabbia, sfogando tutto il suo impeto nelle mine vaganti Ruin e Walk With Me In Hell, traccia resa sfolgorante dal mitico assolo a metà percorso eseguito con passione e precisione fulminea dal chitarrista Mark Morton. Oltre alle note incandescenti di Now You’ve Got Something to Die For e della più recente 512, emergono le tonalità più oscure della splendida Descending e del loro cavallo di battaglia Redneck, che conclude un set decisamente stellare. Arrivata l’ora degli headliner, il pubblico sembra stremato dai memorabili set di apertura, ma non demorde: tra fuochi e fiamme sparati senza indugio, il set degli Slayer parte in quarta con la recente Repentless per procedere con classici del calibro di Mandatory Suicide e War Ensemble. Il frontman e bassista Tom Araya condivide con il pubblico tutto il suo slancio dall’inizio alla fine del set, i suoi tradizionali vocalizzi possenti vengono mantenuti al massimo e culminano nella recente When The Stillness Comes, resa particolarmente infuocata dagli assoli diabolici del master Kerry King. Grande assente è il chitarrista Jeff Hanneman, scomparso prematuramente nel 2013: la sua presenza è comunque sentita nei cuori dei fan nella mitica Angel Of Death che chiude in grande stile tradizionalmente Slayer i due encore. Difficile accettare che gli Slayer non suoneranno più live: non resta che aspettare il loro arrivo oltre oceano, la scaletta per il loro tour europeo che partirà a Dublino il primo novembre è leggermente diversa: i grandi headliner saranno seguiti da Lamb of God, Anthrax e Obituary. Una la data italiana per questo tour imperdibile: 20 Novembre a Milano, Forum Mediolanum.
Fabiola Santini (testo e foto)