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SET UP Musica e Performing Arts

Venezia|Punta della Dogana | 19-20 febbraio

Cammino nell’enorme spazio che brulica di minimalismo color cemento, mi inoltro attraverso navate conosciute, svuotate delle presenze che solitamente attirano l’attenzione del visitatore giunto per osservarle, qui nell’antica Dogana da Mar, splendido spazio ridisegnato da Tadao Ando e trasformato in centro d’arte contemporanea grazie ad una convenzione tra il Comune di Venezia e il magnate Francois Pinault che in questo luogo espone le opere della sua collezione dal 2009.

Continuo la mia visita solitaria mentre Alva Noto prova il suo live-set graffiando di ripetitiva lucidità matematica l’infinita distesa di cemento e marmo che racchiude questo magico luogo. Musica: che musica gira in questa città? Da che mondo è mondo Venezia è intrisa di reggae basico e popolare, muzak latina cantata in dialetto veneziano, jazz classico e di ricerca e musica contemporanea quando la Biennale Musica apre i battenti. Questa a grandi linee è la bizzarra connotazione pubblica di una città mai veramente aperta a suoni che non appartengano a queste ‘scuole di pensiero’. Le eccezioni ovviamente esistono ma sono rare ed estremamente calibrate.

In queste due serate però qualcosa di notevole succederà, finalmente si apriranno le porte a generi meno frequentati, finalmente le diverse arti espressive riusciranno ad intrecciarsi tra loro tracciando un sentiero da percorrere senza fretta né priorità, gustando a pieno il sapore del suono e della performance, qui in Punta della Dogana, all’interno della due giorni organizzata dalla Pinault Foundation di Palazzo Grassi in collaborazione con il Teatro Fondamente Nuove.

Otto episodi spalmati su due sere, otto istantanee di ciò che potrebbe essere la vita culturale in un luogo unico al mondo che avverte da tempo lo scricchiolio delle palafitte su cui poggia, sintomo che precede il crollo definitivo della capacità di una città e di chi la guida ad esporsi culturalmente.

Gli spazi immensi di Punta della Dogana si sono riempiti, il bel lounge e il bar allestiti per l’occasione sono colmi di età diverse ma ugualmente curiose di ascoltare e vedere, sentire quanto di bello c’è ancora da dire in un museo svuotato durante le pause tra i vari allestimenti stagionali e comunque riempito di pubblico.

La partenza è col botto: Evan Parker dall’alto della scalinata interna inchioda i presenti con una raffica di assolo micidiale, un’improvvisazione firmata da un maestro di tecnica e creatività. Mentre le ultime note di sax si spengono, nella sala adiacente, inizia il comizio conturbante di un Barak Obama impegnato nel discorso tenuto durante la cerimonia della consegna del Nobel per la Pace. Un presidente americano interpretato dal performer Alex Deutinger che riesce a rileggere il contorto linguaggio della politica grazie anche all’apporto di una stupefacente Marta Navaridas, piazzata nella parte opposta del salone: traduttrice istantanea per mezzo di gesti assai più eloquenti della parola. La bassa frequenza del quattro quarti techno irrompe all’improvviso, è la danza del Balletto di Roma che riempie di movimento gli ampi spazi della navata centrale. Danza elettronica che troverà la sua esemplificazione sonica nel magistrale live-set di Alva Noto in chiusura di serata. Carsten Nicolai, divulgatore post-moderno di patterns audio-visivi che illudono la vista e trafiggono cuore e stomaco. Fautore di un mondo astratto che attende silenziosamente caotico dentro le oscillazioni di mille calcoli matematici.

(In uscita sul numero di Aprile la nostra intervista all’artista e compositore tedesco Alva Noto).

Nella semi oscurità del ‘cubo’, il lounge racchiuso al centro della struttura espositiva veneziana, inizia la seconda serata di SetUp. Un live-set firmato Amuleto, duo che coniuga field-recording e suono elettroacustico, unito all’improvvisazione con uso di violoncello e harmonium. Musica che sa dialogare intimamente anche quando si trasferisce con un fuori programma sulla scalinata già testimone delle acrobazie tecniche di Evan Parker. Un rumore metallico fende l’aria e due cavalieri medievali spuntano dal nulla, immersi nelle loro pesanti armature. Sono i performers austriaci Deutinger e Gottfarb del collettivo artistico The Loose Collective. Creatività sciolta che scivola ovunque elettrizzando l’aria non ancora satura. Dei Mount Kimbie ne giunge uno solo e le danze hanno inizio mentre la notizia dell’assenza di Fatima Al Qadiri per improvvisi problemi di salute inizia a diffondersi, notizia tra l’altro già comunicata in tempo dall’attenta organizzazione. Al suo posto il dj-set del nostrano Spiller a chiusura di una due giorni che si è contraddistinta per la sua capacità in termini di offerta innovativa.

Con la speranza che tale evento trovi alloggio definitivo e duraturo lungo le navate di questo immenso e vecchio magazzino del XV° secolo, costruito sulla punta estrema di una città da sempre in bilico sulle sue mille palafitte.

Mirco Salvadori

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