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Roskilde Festival

Rockerilla ha avuto il privilegio di essere l’unico giornale italiano accreditato al Roskilde Festival, Danimarca, manifestazione che rappresenta quest’anno il maggiore evento musicale d’Europa.

 

Purtroppo è stato un prezzo pagato caro, perché nonostante si pensi alla Danimarca come ad un modello di efficienza, il Festival si è dimostrato incapace di fornire sul campo informazioni e mezzi per farci svolgere al meglio il nostro lavoro. Lo scotto da pagare è stato la mancata copertura live che avremmo voluto dare e la qualità e quantità di foto ed articoli. Ci teniamo a rimarcarlo perché è un peccato che una macchina organizzativa per altri versi così efficiente come Roskilde si perda nei rapporti con media (considerando anche che l’accredito è oneroso).

Detto questo, il Festival ha aperto giovedì 5 con headliners i Cure: il loro concerto durato per più di due ore ha riunito nell’enorme spazio dell’Orange pubblico di ogni età, scaldandogli il cuore con tutti i grandi classici di una carriera eccezionale; in concomitanza abbiamo assistito anche ad un bel concerto di una delle ultime leggende del reggae, gli Abyssinians.

Il giorno dopo, venerdì 6, è quello di Jack White in solitaria, come headliner: la fama che gli deriva dai White Stripes è ben riposta e l’Orange, già affollato dal precedente concerto dei Cult risponde bene; nella giornata avevano tenuto bei concerti anche i Gossip di Beth Ditto, i Vaccines e l’ormai ex-Sonic Youth Lee Ranaldo.

Ma l’evento clou del Festival di Roskilde è quello di sabato 7 luglio quando, sempre all’Orange, è chiamato ad esibirsi Bruce Springsteen in un concerto sold-out: il Boss non si risparmia e ripercorre con la E-Street Band tutta la carriera, con un inizio dedicato ai brani più recenti. Andrà avanti 3 ore da solo, una prova importante e ci dispiace abbandonarlo ad un certo punto per seguire Bon Iver.

Nonostante la concomitanza con Springsteen, il palco Arena è affollato all’inverosimile, segno della popolarità di Justin Vernon in Scandinavia: è tanta la curiosità di vedere come se la cava un artista diventato famoso per un disco intimo e minimale. La risposta è da musicista vero: Bon Iver coadiuvato da una grande band suona tutte le canzoni dei due dischi, declinandole a volte in lunghe code psicadeliche, altre in dura energia rock. Una grandissima conferma. Nel pomeriggio avevamo avuto il tempo di assistere all’esibizione degli alfieri del post-punk svedese, i Refused, con un Dennis Lyxzén in grande forma.

 

Domenica 8 l’headliner è Bjork: l’Orange è pieno per assistere all’esibizione di questa grande artista che tutti gli scandinavi sentono loro; la fatina islandese ripaga con un grande spettacolo, frutto della sua voce, della presenza scenica e delle splendide proiezioni che scorrono alle spalle del palco; non mancano effetti speciali, come fuochi d’artificio, scariche elettriche e la furia del vulcano Eyjafjallajokull in eruzione. Nel pomeriggio avevano suonato i Motorhead e la (per noi) bella scoperta degli Alabama Shakes, con il loro southern-rock e blues.

Roberto Esposti

 

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