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Pixies Bologna

Paladozza | Bologna | 11 ottobre 2019

ph Rudy Filippini

Non capita a molte band di dover spostare un concerto in una location più grande per eccesso di richieste. Al contrario, nei circuiti lontani dal pop mainstream si tende a scegliere luoghi non troppo capienti per ottenere più facilmente l’effetto “sold out”. 

La decisione di trasferire i Pixies dall’Estragon al ben più capiente Paladozza, ci dice di una band che, dopo il successo ottenuto da Where Is My Mind?sulla scia del film culto Fight Club, è ascesa di parecchi gradini nella scala della notorietà e di una città, Bologna, che conferma di avere un pubblico particolarmente ricettivo quando si tratta di alternative rock. 

Dal canto loro, Frank Black, Joey Santiago, David Lovering e Paz Lenchantin, degna sostituta della storica bassista Kim Deal, fanno di tutto per onorare la straordinaria accoglienza con un set che non concede né pause né respiri per due ore di fila. Quaranta brani, che si susseguono senza soluzione di continuità e con rarissime interruzioni. I Pixies non si perdono in chiacchiere, lasciando fare tutto alla musica. 

La scaletta, che la band cambia di data in data, ha il suo fulcro, principalmente, in due album: Doolittle, di cui ricorre il trentennale e l’ultimo, non proprio esaltante, Beneath the Eyrie, eseguito per intero con l’eccezione di This is My Fate. La partenza è affidata al surf della strumentale Cecilia Ann, seguita da St. Nazaire. E’ l’unico punto fermo, insieme alla chiusura di rito con Debaser, di ogni concerto di questo tour. Il resto è tutta una sorpresa, che comincia con Brick Is Rede continua con Gouge AwayBreak My Body. Ipnotico l’uno-due Bone Machine/Wave of Mutilation, mentre, con poche eccezioni (Catfish Kate), quando la band vira verso il repertorio più recente, l’atmosfera si raffredda in maniera evidente.

Niente paura, a scaldare gli animi dei fan meno fedeli arriva il momento, ormai divenuto topico, di Where Is My Mind?con tanto di smartphone accesi a mo’ di accendini. Decisamente più coinvolgente l’accesissimo finale, con Black Frank che, sostituita la chitarra acustica con una più metallica e aggressiva Telecaster, conduce la band verso l’apoteosi di Debaser, passando per Rock MusicTamee la cover dei Jesus and Mary Chain Head On

Se c’è qualcuno che, dopo una performance così, si è lamentato perchè il quartetto ha lasciato il palco senza uscire per il bis, beh… è proprio un incontentabile. Daniele Follero


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