PATTI SMITH
“Quando ero una ragazzina, ho sempre saputo che avevo qualcosa di speciale dentro di me. Voglio dire, non ero attraente, non ero molto comunicativa, non ero molto intelligente, almeno a scuola. Non ero nulla di tutto ciò, e non ho mai dimostrato al mondo che ero qualcosa di speciale, ma ho avuto questa enorme speranza per tutto il tempo ed è questo lo spirito che mi ha mantenuto forte…ero una bambina felice perché avevo la sensazione che sarei andata oltre il mio corpo fisico..”.Musica, fotografia, poesia, romanzi, pittura e scultura. 75 anni di indiscussa potenza, cultura e calibro da idealista folgorante. Tutto questo lo ha portato ancora una volta sul palco, insieme al figlio Jackson Smith (chitarra), all’amico di lunga data Tony Shanahan (basso) e al batterista Seb Rochford. Due ore di concerto nella cornice teatrale del Castello Sforzesco, lei, la Sacerdotessa del Rock, insignita anche della Pergamena della Città di Milano per la passione per i luoghi, gli artisti e la gente di Milano, per l’amore per l’arte e la cultura italiane e per il contributo alla musica nel mondo. Patti ha raggiunto, da tempo, uno stato di meditazione ad occhi aperti capace di elevarla e trasportarla fuori dal suo corpo fisico, oggi così leggiadro e impreziosito da una sempre più folta criniera di capelli argentati (per l’occasione pettinati dal vento sulla città). Parla molto ma non interrompe mai il filo conduttore musicale, semmai lo arricchisce di particolari, riflessioni e memorie, portandolo ad un livello più alto di coscienza. E la sua voce, a tratti sostenuta da Tony Shanahan, non conosce flessioni. Si parte con Redondo Beach scritta nel 1975 ma è con Ghost Dance che Patti si lascia andare ad un ‘Vi ricordate vero? Era il 1978’ (come dire, l’altroieri). Alcuni brani inevitabilmente cambiano leggermente il registro (spostandosi a volte sul blues o il folk) ma il Patti Smith Quartet suona alla grande avvalendosi soprattutto di testi parole e musica ineguagliabili. Tra un omaggio a Bob Dylan, Jimi Hendrix e Neil Young spunta anche la lettura delle poesie Footnote to Howl di Allen Ginsberg e L’infinito di Giacomo Leopardi (‘Sorry Giacomo, in english’). Il trittico Pissing in a River, Because the Night e People Have the Power solleva gli animi (e il sedere) di chi pensava (e pensa) non si possa assistere ad un concerto live senza starsene in piedi e ballare liberamente. Samuel Chamey
PATTI SMITH 1 Agosto Milano, Castello Sforzesco
Scaletta:
Redondo Beach
Grateful
Ghost Dance
Footnote to Howl (Allen Ginsberg)
My Blakean Year
The Wicked Messenger (Bob Dylan)
Nine
Dancing Barefoot
Beneath the Southern Cross
Fire (The Jimi Hendrix Experience)
After the Gold Rush (Neil Young)
The infinite (Poem by Giacomo Leopardi)
Pissing in a River
Because the Night
Gloria (Them)
Encore: People Have the Power