Patti Smith
Auditorium Parco della Musica, Roma, 14 aprile
Per il suo decennale l’Auditorium di Roma elegge a direttore artistico Patti Smith che nelle due settimane del My Festival si diverte a proporre Woodkid e John Grant, Philip Glass e De André, Pasolini e Capossela. L’evento clou è la riproposizione di Horses, quella pietra miliare uscita nel 1975 che Patricia Lee regalò allora al mondo e stasera a noi. Un pubblico vario che spazia dai settantenni a ragazzi poco più che ventenni, fino ad un elfo calato magari dall’Appennino emiliano (l’abbiamo visto sul serio) accoglie alle 21:15 la Smith accompagnata, oltreché dalla storica Band, dai figli Jackson e Jessica.
La scaletta, non potrebbe essere altrimenti, ripercorre in ordine tutta l’opera: si inizia con quella Gloria così legata a lei da farne dimenticare la paternità dei Them e Redondo Beach. Al quarto pezzo, Free Money, la Smith ricorda al pubblico che trattasi di concerto rock e fa saltare l’ordine dei posti chiamando le persone sottopalco: la gente apprezza, la chiama, la ama e le chiede di candidarsi a Presidente del Consiglio. Horses è un viaggio nel rock più poetico che termina in 40 minuti, ma la Band generosissima comincia allora un nuovo concerto tra toccanti dediche allo scomparso Fred “Sonic” Smith e ai poeti maledetti e momenti esilaranti come Banga, in cui perfino Lenny Kayne si diverte ad abbaiare.
Al termine delle due ore di concerto non c’è più spazio per lo spleen: arrivano allora Because the night e la travolgente People have the power.
Roberto Esposti