P.G. SIX
Drag City
Tutto mi aspettavo da PG Six dopo ben quattro anni di silenzio fuorchè un album sciattino che presenta un ritorno a un sound elettrico piuttosto adolescenziale più che naïve: un rocchettino prevedibile e senza capo né coda. Capisco che ci sia qualcosa di intenzionalmente voluto nella statica ripetitività degli arrangiamenti, ma francamente sfugge il senso dopo che Gubler aveva abituato i suoi seguaci a ben altri lidi emozionali, dalle soundscapes più contemporanee e argute al neofolk diafano, intimo quasi submolecolare.
Mah. Se le progressioni armoniche di Days Hang Heavy rivelano qualche intuizione non convenzionale, il resto delude e parecchio. Un disco di smarrimento, con qualche spunto interessante, certo, ma troppo poco per P.G. Six!
Massimo Marchini