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NOTHING COMPARES

Regia: Kathryn Ferguson

Partiamo dalla fine. Da quella fatidica sera del 3 ottobre 1992 in cui Sinéad O’Connor, invitata agli studi dell’NBC come ospite per il Saturday Night Live, decide di cantare la sua versione di War di Bob Marley e strappare una fotografia di Papa Wojtyła. Un gesto senza precedenti.

Sinéad, per mancanza di termini più appropriati, viene crocifissa da stampa e pubblico. Il che è piuttosto ironico, considerata la simbologia cristiana. Il martellamento mediatico fa sì che Sinéad si ritiri ad una vita più che privata, facendo uscire musica di tanto in tanto ma senza nuovi exploit mediatici a sconquassare la stampa conservatrice (e, a dire il vero, anche quella moderata).
Facciamo un passo indietro. Sinéad nasce nella cattolicissima Irlanda, dove generazioni di donne sono state schiacciate sotto il peso di una religione che non consentiva loro di decidere della propria vita e di non controllare il proprio corpo, dove abusi continui da parte di clero e parte maschile della popolazione erano abitualmente giustificati o, peggio, insabbiati. La repressione fa sì che prima o poi qualcuno impazzisca e decida di sfogare la propria frustrazione su altri – in questo caso sua madre, che abusa di lei psicologicamente, spiritualmente e fisicamente. Riesce a trovare uno sfogo nel canto – e più la sua fama cresce, più Sinéad può usare la sua figura pubblica per puntare il dito contro ingiustizie causate da repressione religiosa, razzista, sessista. Il suo atteggiamento privo di compromessi viene letto dalla stampa dell’epoca come comportamento capriccioso, forse guidato da una punta di vanità: viene bollata se va bene come personaggio scomodo à la Greta Thunberg, se va male come disturbatrice narcisista di poco conto. La verità è che il vissuto di Sinéad O’Connor fa sì che tutte queste cose le sentisse davvero, che cercare di usare la propria voce per difendere i deboli fosse una maniera per proteggere gli altri da quella stessa sofferenza che l’aveva marchiata indelebilmente durante l’infanzia. O’Connor non è priva di debolezze. Anzi, è una vulnerabilità ambulante, ma in linea con la sua figura non l’ha mai nascosto, non ha mai stretto compromessi per apparire altrimenti. Era ed è tutt’ora una donna in lotta che, non esente da stranezze, esagerazioni e contraddizioni, ha comunque segnato un decennio di lotta femminista senza il bisogno di giustificarsi. Non ho mai visto una sala sollevarsi in applausi durante la proiezione di un film, eppure Nothing Compares ha scatenato questa reazione più volte, segno di una pellicola di una forza ed intensità rara. E chissà che questo film non serva a far scendere Sinéad da quella croce su cui è stata messa trent’anni fa. Eugenio Palombella

SEEYOUSOUND 9

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