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NINE INCH NAILS

Hesitation Marks

Universal

 

Come giudicare un album che vive in perfetto equilibrio tra pezzi discreti e pezzi dei quali si potrebbe fare abbondantemente a meno? E soprattutto che metro usare per giudicare un disco dei Nine Inch Nails: mettendolo in relazione con il resto della carriera oppure provando a guardare a quello che si sente attualmente in radio (e non) e solo dopo tirare le somme? La sensazione, perdendosi in queste domande, è che non ci sia un modo… corretto per giudicare “Hesitation Marks” e di conseguenza ogni parere che leggerete qui, oppure altrove, avrà sempre la forma di una foto dal diverso formato ma inevitabilmente sfocata. Perché è già difficile valutare nella sua interezza la carriera di Reznor, figuriamoci una porzione.

 

Detto questo, è anche vero che un giudizio chiaro (prima di addentrarci nell’analisi del disco) va dato, ed è questo: “Hesitation Marks” non è un gran lavoro, anche se ha dei momenti di spessore, una produzione pulita (forse troppo pulita) e rimandi che pescando qua e là dagli album precedenti stuzzicheranno i fans della primissima ora. Non è però un gran disco per tre motivi: i suoni sono piuttosto scontati e in certi episodi persino spiazzanti (in negativo), le melodie non sempre azzeccate, il filo che tiene assieme i brani è impalpabile.

 

L’inizio del cd (tolto il brano strumentale che apre il compact) lascia tracce soltanto dopo diversi ascolti. “Copy of A” è un pezzo che dal vivo funziona ma che su album non riesce mai a decollare; “Come Back Haunted” è rock gradevole, mentre “Find My Way” è un pezzo di atmosfera che in concerto (complici le installazioni visive) funziona benissimo, ma su compact rende la metà – una curiosità: sentendolo bene, il brano ha qualcosa che rimanda vaghissimamente a “Teardrop” dei Massive Attack.

 

La parte centrale dell’album ha in “Everything” il momento più basso. Davvero difficile ritrovare il marchio dei NIN in un pezzo così svaccatamente pop, cantato male e che se la gioca (per la palma della canzone più brutta) con “Satellite”, un altro pezzo che Reznor ha pensato bene di mettere subito dopo “Everything” per saggiare la resistenza dell’ascoltatore e che non si può fare a meno di ascoltare guardandosi attorno, come se da un momento all’altro dovessero spuntare in casa Justin Timberlake o Timbaland con un cocktail in mano. Bella invece la coda strumentale di “I Would For You”. Nella seconda parte del lavoro, per fortuna, c’è anche spazio per “Various Methods Of Escape”, un brano che riconcilia con l’immaginario dei Nine Inch Nails e che ha quell’epicità tanto cara al Reznor dei tempi migliori. E’ l’unico pezzo dell’intero album che non sfigurerebbe nei lavori precedenti.

 

In conclusione: forse oppresso dal peso di perle epocali come “The Downward Spiral” e “The Fragile”, Reznor continua a zigzagare alla ricerca di un appiglio forte che in qualche modo lo allontani dall’etichetta di “artista che non ha più molto da dire” e lo legittimi a battagliare nell’arena (musicale) odierna con tanti giovani. Purtroppo per lui “Hesitation Marks” è un disco riuscito a metà (a voler essere generosi) che potrà essere apprezzato dai fan ma che non porterà nuovi adepti. Potessimo dargli un consiglio direttamente, gli suggeriremmo di trovarsi un buon produttore: in passato non ne ha mai avuto bisogno, ma oggi più che mai la sua musica avrebbe la necessità di qualcuno che la indirizzasse in una direzione piuttosto che in un’altra, evitando quindi a Reznor di procedere a tentoni nel buio.

Francesco Casuscelli

 

Ecco il video di Came Back Haunted diretto da David Lynch.

Nine Inch Nails: “Came Back Haunted” (2013) from Nine Inch Nails on Vimeo.

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