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MUSE

Simulation Theory Warner Bros.

La creatività vince sulla ragione, la melodia vince. Cavalcano l’ondata 80’s dei nuovi over 30 (lo fa anche Spielberg), architetti del cambiamento di questa new-era, spinti da una rivoluzione digitale antologica. Si direbbe “stare al passo coi tempi” e i Muse posseggono le chiavi di questo meccanismo, stratificato sulle decadi della loro esperienza multi-sensoriale. Eredi dell’impiantistica live-attraction che fu dei Queen, coinvolgono lo spettatore fin dalle prime performance grazie a quel one-man-show che elabora partiture neo-classiche al piano, titillando la macchina elettronica, potenziata dal tappeto sonoro di corde vocali e strumentali. Simulation Theory prende tutto questo e lo carica di effetti digitali contemporanei, ricordando cos’erano (o sono stati?) i Muse, giocando sulla propria pelle con la macchina del tempo, sparando effetti pomposi plasticosi che non disperdono il potenziale. Matthew viviseziona la carriera, componendo 11 brani “cosmici” dall’impatto senza dubbio maggiormente catchy, strizzando l’occhio al business senza oscurare la propria identità. Un ritorno al futuro, addolcendo le note di zucchero filato, con i piedi ben piantati a terra. Un nuovo contenitore di speranze: il circo elettronico.

Matteo S. Chamey

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