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MONEY

Milano | Circolo Magnolia | 7 marzo

Più vedo dal vivo i Money, più mi convinco che il formato classico dell’album per loro è qualcosa di assolutamente riduttivo. Nella registrazione in studio, che sia chiaro, fino ad adesso si è concretizzata in due album comunque magnifici, manca quel lato così umano, istrionico, ironico e surreale di un talento vero e indescrivibile come Jamie Lee: solo ammirandolo “on stage” si possono cogliere questi suoi aspetti. Vedere i Money dal vivo è un’esperienza totalizzante. Vengono abbattute le distanze tra artista e pubblico, con il leader della band (perennemente in lotta con l’asta del microfono) che spesso e volentieri canta e suona sotto il palco, quasi come se pure lui amirasse i suoi compagni di gruppo, così come il concetto di indie-rock viene preso, modellato e restituito ai presenti sotto mille forme mutevoli e cangianti: dall’inizio dello show con toni folk quasi alla Bob Dylan, alla chiusura malinconica e struggente per voce e tastiera (Goodnight London sa mettere realmente i brividi), passando per momenti più trasognati e dilatati che esplodono in riverberi sonici intensissimi, in cui il concetto di piano-forte diventa preponderante.

L’inserimento, nella formazione live, di un violoncello e un violino conferiscono un tono ancora più marcato e coinvolgente ai brani, mentre Jamie cerca il contatto con il pubblico, gli si avvicina, lo guarda, ci chiacchiera: non incute timore, anzi, l’empatia è immediata, grazie alla dote dell’ironia che, come dicevo prima, sicuramente non gli fa difetto.

Nell’ora di show viene proposto il meglio dei due album, o quasi, visto che dall’esordio manca forse il loro brano più famoso, ovvero Hold Me Forever, ma Jamie confessa che addirittura il brano non è stato nemmeno provato per essere suonato in questo tour.

Un vero e proprio flusso emozionale che diventa realmente difficile descrivere a parole: se torneranno in Italia andate a vederli, rimarrete senza fiato.

Riccardo Cavrioli

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