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MILES KANE A MILANO – IL REPORT

MILES KANE, Santeria Toscana (Milano), 10.04.2024

Nell’attesa di un nuovo album by Kane & Turner (Last Shadow Puppets), la riconferma, se mai ce ne fosse bisogno, di quali sono attualmente due tra i più generosi e autentici animali da palcoscenico contemporary. Ma la data milanese si macchia nel bene e nel male di alcune stravaganti trovate degne appunto di un 2024 sempre più all’insegna delle novità dal vivo. Se da una parte (alcuni big) si cimentano in arene ‘spaziali’ o virtuali, dall’altra i pulcini piccoli (o semplicemente svezzati con amore dalla placenta primordiale del rock’n’roll) preferiscono scendere in campo grondando sudore nell’immortale location del piccolo palcoscenico alle grandi manovre. Miles Kane da Birkenhead (la sponda opposta di Liverpool) ama tutto questo, One Man Band è il nome dell’ultimo album, di nome e di fatto. In poco meno di 1 ora fa tremare la Santeria, da solo, a colpi di basi pre-registrate e sbalzi emotivi (tra l’elettrico e l’acustico) aprendo il portone agli inevitabili spifferi dei sussurri over-40 non abituati a queste ‘scorciatoie’ ballerine. Il concept nasce e si propone per come è stato pensato, sebbene non si comprenda bene (nonostante tutto) come il rock’n’roll grondante sudore faccia rima con Milano, l’ambiente perfettino si sposa bene col suo promesso sposo, da sempre innamorato perso della nostra città e dell’Italia in generale. La realtà ovattata di un one-man-band live british, con le basi (basso e batteria), in un clubbino-no-club da serata dandy, per un tempo lungo un battito di ciglia, lascia il posto volentieri ad un gran bel concerto energico quanto basta per pretendere Kane da qui alla pensione. Si presenta alla Celentano con la base di Prisencolinensinainciusol (divina) e tira dritto spogliandosi song by song di tutta la rigidità che abitualmente attanaglia chi fa musica di mer*a. Miles si strappa il cuore per la sua Milano, suona tutti gli strumenti nel petto e nella mente, anche se filtrati dal fonico, è carichissimo e trascina chiunque, dalla prima fila a quello appena entrato ‘in sala’. Entusiasmante, euforico, mostra i bicipiti anche quando sono i bicipiti a mostrarsi autonomamente insieme alla chitarra. Brillante con stile, senza sbraitare o avercela col mondo intero, in sole tre note scava un solco attorno a se, fa scattare il piedino senza esitazione anche “ai seduti in tribuna che non si alzano mai”, qui senz’altro spettatori tutt’altro che irrigiditi. Presenza scenica totale, esperimento riuscito.

Chitarra elettrica:
Troubled Son
Better Than That
The Wonder
Cry on My Guitar
Rearrange
Baggio

Chitarra acustica:
Heal
Dealer (Lana Del Rey)
Standing Next to Me (Last Shadow Puppets)
Colour of the Trap

Chitarra elettrica:
Never Taking Me Alive
Come Closer
Don’t Forget Who You Are

Samuel Chamey / Foto di Roberto Finizio

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