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MATANA ROBERTS A MANTOVA

Mantova, Palazzo Te

23 Febbraio 2024

This is an improvisation, I’m a little agitation

La musicista di Chicago Matana Roberts, invitata dall’associazione 4.33 di Mantova (che sta fornendo un contributo encomiabile alla diffusione e alla riscoperta di tanta musica di ricerca moderna e contemporanea), nella splendida cornice rinascimentale del Palazzo Te ha regalato al pubblico (piuttosto folto) qualcosa che è difficile definire semplicemente come un concerto, e che si avvicina più a una sorta di happening teatrale del tutto informale e di una potenza emotiva difficile da tradurre in parole.

Nella Sala dei Cavalli, posta al piano terra del meraviglioso Palazzo, la musicista, trovandosi letteralmente ad altezza pubblico (non c’era un palco), ha dato vita a una delle esibizioni più eccentriche e stupefacenti cui abbia mai assistito – e la mia opinione è stata condivisa da molti dei presenti.

Armata del solo sassofono soprano, sola, Matana, almeno nella prima parte del concerto, non ha pescato nel proprio pur vasto repertorio, ma ha improvvisato su temi di poche note, variandoli e arrivando a trasfigurarli come avviene nei suoi album, seguendo le orme dei grandi improvvisatori in solitaria della scuola di Chicago (Anthony Braxton e Roscoe Mitchell su tutti). E così, a brevi frasi “spigolose”, dissonanti e velocissime si sono alternate frasi più solenni, quasi ieratiche.

Matana, però, non si è limitata a suonare, ma ha interagito sin da subito con il pubblico, rompendo la quarta parete e ogni convenzione in merito a ciò che intendiamo per concerto. L’esibizione ha avuto qualcosa di brechtiano, ma declinato in chiave tattile, spirituale, profondamente afroamericana: Matana ha interrotto ripetutamente le frasi e gli assoli per parlare di sé, della morte della madre, dell’importanza di sua nonna, di ciò che succede oggi in America e in tutto il mondo (chi scrive ha sentito la parola Gaza e anche frasi di incitamento come “We must stand for the people who cannot stand for themselves”).

Mi sento vulnerabile”, ha aggiunto la Roberts a un certo punto, e la seconda parte del concerto è stata una sorta di immersione nella tradizione della chiesa afroamericana: Matana ha chiesto al pubblico di accompagnarla, come se lei fosse un predicatore, e ha cantato Libation for Mr. Brown, un blues arcaico contenuto nel primo album della saga Coin Coin, risalente al 2011, un blues che racconta un’asta di schiavi dal punto di vista del banditore, e il pubblico ha partecipato prima timidamente e poi con convinzione.

Questa sera ho capito cosa è il blues”, mi ha detto Giampaolo Mattiello dei Doortri, band vicentina di jazz-rock sperimentale che abbiamo recensito sulle nostre pagine, e credo che abbia ragione: la dimensione spiritual e fortemente emotiva della musica di Matana ci è stata restituita in una dimensione tutta particolare, partecipativa, qualcosa di totalmente inatteso e di molto intenso.

Francesco Buffoli

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