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La storia di Delia Derbyshire pioniera della musica elettronica, in un documentario

Il ruolo di Delia Derbyshire nell’origine della musica elettronica è ormai ben noto, ma sono stati necessari molti anni affinché le venisse riconosciuto. Per esempio, solo dodici anni dopo la sua morte, avvenuta nel 2001, le è stata finalmente riconosciuta la maternità della famosa sigla di Doctor Who, una delle serie di culto degli anni ’60. Quello che è meno noto sono gli aspetti personali come la determinazione a non arrendersi, di fronte alle porte che le venivano sistematicamente sbattute in faccia in quanto donna, il modo in cui lavorava e la genialità creativa di cui era dotata.

Il docufilm di Caroline Catz, Delia Derbyshire: The Myths and Legendary Tapes, restituisce alla figura di Delia la sua centralità nella storia della musica, raccontandone le esperienze, soprattutto in relazione agli anni passati alla BBC, i più creativi. E lo fa partendo dal materiale ritrovato nella sua casa dopo la morte: 267 registrazioni e migliaia di carte, ora conservate all’Università di Manchester e in corso di digitalizzazione. Il film è in gran parte recitato, in modo convincente, con la stessa regista nel ruolo di Delia Derbyshire, ma introduce nella trama anche frammenti originali, immagini e soprattutto la voce di Delia, oltre ad alcune interviste alle persone che hanno lavorato con lei. La colonna sonora è stata creata da Cosey Fanni Tutti (co-fondatrice dei Throbbing Gristle), campionando e manipolando le registrazioni trovate in casa di Delia. Effetti di vario genere sono applicati anche alle voci dei protagonisti nei dialoghi. L’atmosfera del film è molto originale, ci si immerge in un’esperienza audiovisiva complessiva, onirica, a tratti claustrofobica, quasi a volerla allineare con la mente visionaria di Delia e a simboleggiare le numerose ore trascorse chiusa dentro i Radiophonic Workshops della BBC che, come lei stessa ha dichiarato, erano la sua vita. 

Laureata in musica e in matematica a Cambridge, polistrumentista (piano, violino, contrabbasso), prima di arrivare alla BBC si era presentata presso varie case discografiche chiedendo un lavoro e spiegando la sua passione avanguardistica per l’acustica, per il suono in sé e le possibilità modificarlo, come già si sperimentava in Francia con la musique concrète. Le risposte degli interlocutori erano sempre negative, tra la derisione e il disinteresse, del tipo “Cambridge, davvero? Quello che ha studiato è insolito per una ragazza”, oppure “Sì va bene, ma le interessa il suono di cosa?”. Il manager della Decca le rispose chiaramente che la casa discografica non assumeva donne negli studi di registrazione né in nessuno dei reparti tecnici, “non l’ha mai fatto e probabilmente non lo farà mai” e le propone invece un posto da segretaria in amministrazione. La vera Delia non avrebbe potuto pensarlo, perché accadde successivamente, ma la protagonista del film lo dice, liquidando l’episodio con una risata: “Quello era probabilmente il manager che ha rifiutato i Beatles.”

Dopo aver inondato la BBC di domande di assunzione, riesce finalmente a entrarvi nel 1960 e vi resterà per tredici anni, continuando la sua sperimentazione sonora e attirando l’interesse, tra gli altri, di Brian Jones e dei Pink Floyd. Lavorerà anche a progetti esterni come la Unit Delta Plus, fondata insieme a Brian Hodgson e Peter Zinovieff nel 1966 che, in quegli anni psichedelici, creava anche i primi light show associati alla musica. 

Comincia con Delia Derbyshire un percorso di sviluppo della musica elettronica che dagli esordi in cui veniva prodotta con mezzi rudimentali e improvvisati si avvarrà progressivamente di strumenti e tecniche nuove e sempre più sofisticate, dai sintetizzatori ai computer, per arrivare oggi all’uso dell’intelligenza artificiale. 

Rossana Morriello

18-24 febbraio, Cinema Massimo, Torino

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