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Kurt Vile live

Kurt Vile & The Violators

03 luglio ROMA

San Lorenzo Estate, in collaborazione con Ausgang

 

04 luglio BOLOGNA

ROCKER FESTIVAL c/o Bolognetti Rocks

 

05 luglio TORINO

Spaziale Festival

 

 

eccovi due estratti da Rockerilla n°377:

 

KURT VILE

New Adventures In Lo(-shoegaze)-fi

Kurt Vile è nato nel 1980. Più di preciso è nato a Philadelphia, in Pennsylvania. Kurt è amato da gente insospettabile (tipo Kim Gordon: “Lui è il mio piacere proibito, al momento”), forse perché la sua musica si nutre paradossalmente dei soliti, sospettabilissimi, classici: da Dylan ai Fleetwood Mac, giù giù fino a Springsteen. Immaginiamocelo così: chiuso nella sua stanza, che strimpella il banjo o la chitarra, registra e poi smanetta con la drum machine. è il 2005 e Kurt alla fine si fa avanti: debutta con un disco. Anzi, per meglio dire “debuttano”. Lui e il suo amico, Adam Granduciel, e la loro band che di nome fa War On Drugs. Prima esce un ep eponimo, poi un secondo ep (Barrel Of Batteries, 2007), quindi il debutto lungo vero e proprio (Wagonwheel Blues, 2008). I WoD esistono ancora e stanno anzi per pubblicare (lo faranno nel 2012) un nuovo album: sempre su Secretly Canadian. Qual è il loro asso nella manica? Una mistura di Sonic Youth e My Bloody Valentine. Qualcosa di questa formula la ritroviamo anche nell’esordio vero e proprio di Kurt Vile: l’album Constant Hitmaker (Gulcher, 2008; Woodsist, 2009). Contiene pezzi come Freeway, che parlano ad una generazione di kids cresciuti a forza di (definiamolo così!) lo(-shoegaze)-fi. Il pezzo Breathin’ Out ne è la dimostrazione lampante: una semplice nenia ipnotica, folk e stralunata, con tanto di effetti sonori a contorno e un fascino tutto suo. Chiamatelo, se volete, il fascino della bassa fedeltà. Nel 2009, Kurt si fa notare con tutta una serie di uscite azzeccate, a cominciare dall’ellepì God Is Saying This To You (Mexican Summer) fino agli ep Fall Demons e The Hunchback – editi rispettivamente dalla Skulltones e dalla Richie Records, il secondo dei due in compagnia dei fantomatici Violators. Anche stavolta il suo cantautorato si rivelerà così particolare per una ragione ben precisa, che Kurt stesso spiegherà nelle interviste: “Tutti quei droni nella mia musica. Sapete, ho registrato da solo, nella mia stanza, tanto di quel materiale di questo genere: ormai sono specializzato in questa specie di jam”. Comunque sia, droni o non droni, God Is Saying This To You contiene una manciata di pezzi notevoli. Uno in particolare potrebbe fare invidia al Neil Young più introspettivo (My Best Friends). La vera svolta arriverà però nel 2010, quando Kurt firmerà il contratto discografico con la Matador (con loro, dirà lui, “mi sento come a casa”). Esce quindi il disco Childish Prodigy. Stavolta il songwriting di Vile si fa ancora più spaziale (Dead Alive), sempre nel costante splendore di quello che abbiamo definito lo(-shoegaze)-fi. Ma sentite un po’ come il suo autore descriverà la manciata di canzoni lì contenute: “Childish Prodigy è una specie di mix di cose diverse, ma musicalmente lo trovo più pesante del solito. Come dire, più “energetico”. Non esattamente “heavy” nel senso di heavy metal, quanto piuttosto heavy nel senso di Stooges, Velvet Underground e cose così”. Prendete questa descrizione con le molle, ma sappiate che in almeno un caso (quello del blues ferroviario incantato di Freak Train) si adatta benissimo al disco in questione. Il 2010 porterà invece in regalo ai fan di Kurt un altro ep (Square Shells) e soprattutto, l’anno dopo, l’album Smoke Ring For My Halo. La ricetta è sempre la stessa: una parte di lo-fi, una di cantautorato ipnotico e una verniciatina shoegaze (che non guasta mai). Così suona, ad esempio, il pezzo che apre il disco: Baby’s Arms. Ma forse il segreto della sua musica è un altro ancora: “Ho adorato molto certe cose dei Pavement, dei Sonic Youth e anche del primissimo Beck. Li amo proprio!”. Tranquillo, Kurt, anche noi li amiamo. Sarà per questo che ci piaci così tanto!

 

KURT VILE

So Outta Reach ep

Matador

Qualcuno pensa a Kurt Vile come a una specie di Warren Zevon+Springsteen+My Bloody Valentine tutti fusi assieme. Magari con qualche tinta roots che non guasta mai e melodie che quando funzionano (come qui The Creature) fanno emozionare davvero. Lui, Kurt, invece insiste sui suoi (e non solo suoi) maestri: “La mia più grande fonte di ispirazione rimangono i Velvet Underground. Poi la gente che vedo e incontro ogni giorno. Le loro storie finiscono nelle mie canzoni”. Esatto. E infatti una manciata di quelle storie la troverete anche nelle cinque song di questo ep delicato, denso, emotivamente debordante. Dire tanto con poco, mica facile…

 Massimo Padalino

 

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