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IL MONDO È TROPPO PER ME

Regia: Vania Cauzillo

Il fermento musicale della Roma degli anni ‘60 è incentrato su un piccolo locale, definito dai giornali dell’epoca un “teatrino”, quasi a volerne sdrammatizzare l’importanza: il Folkstudio di Trastevere. Ed è nell’ambiente del Folkstudio, dove si respira aria di jazz e dove inaspettatamente si esibiscono nomi colossali, che si muove la figura di un ometto lucano, classe del ‘29: Vittorio Camardese. Vittorio è un uomo tranquillo e riservato, un radiologo. Vive una doppia vita: il giorno lo passa in ospedale, la notte imbraccia la chitarra classica e crea intorno a sé una bolla di quieta ammirazione. Le sue dita si muovono veloci sulla tastiera, pizzicando e percuotendo le corde con una tecnica straordinaria ed inedita: il tapping. Vittorio rifugge la fama: ha il potere polarizzante di un grandissimo musicista, ma decide di non usarlo. Fa qualche comparsata televisiva, ma sempre controvoglia e solamente se spinto dal suo amico Renzo Arbore. Ad un certo punto diventa coinquilino di Chet Baker. Conduce una vita incredibilmente interessante, con la scelta conscia di porsi sempre in secondo piano rispetto agli altri, forse per educazione o forse per moderazione. Vania Cauzillo ne recupera la storia attraverso testimonianze di chi di Vittorio è stato amico: un lavoro titanico, in cui il vero protagonista della storia non compare quasi mai, se non nei rarissimi filmati e documenti fotografici. Così come in vita, anche adesso Vittorio fa parlare di sé al posto di scatenare clamore in prima persona. Un film delicato e pieno di amore dedicato ad una figura dal talento e dalla disposizione d’animo invidiabile, arricchito dai delicati disegni di Elisa Lipizzi a colmare le lacune di documentazione e a donare carattere alla pellicola. Eugenio Palombella

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