Top

Herbie Hancock

Auditorium Parco della Musica, Roma, 22 ottobre

 

Nell’ambito del Roma Jazz Festival 2012 torna nella Capitale Herbie Hancock, pianista di enorme talento, capace come pochi di coltivare da protagonista tutti i generi in cui ci ostiniamo a dividere la musica.

L’artista di Chicago sale sul palco alle 21:20 vestendo un largo sorriso e un’altrettanta larga e coloratissima camicia alla Nelson Mandela, disegnata (per lui?) da una nota casa di moda italiana, italiana come i pianoforti che predilige (i Fazioli).

E’ appunto il piano, il suo strumento, che utilizza per rompere il ghiaccio in un’esibizione solista in Italia: al termine della prima lunga suite si dice di essere contento di suonare a Roma, loda l’acustica della Sinopoli e nota la stranezza di suonare in un solo concert nonostante sia circondato da ben 6 tablet, 5 tastiere e una workstation. Fino a quel momento non ci avevamo fatto caso nemmeno noi: cosa diavolo potrà fare un vecchio pianista jazz di 72 anni con tutta quella roba?

La risposta è: della gran musica.

Hancock incurante di termini quali classic jazz e digital divide usa i tablet per far partire basi preregistrate con sopra decine di strumenti e voci, sulle quali suona il piano o la tastiera programmata all’inverosimile sui toni più assurdi. Spazia dal funky alla fusion all’afro-beat suonando a volte su grooves così potenti che molti suoi giovani colleghi avrebbero problemi a comporre. Ma il massimo lo tocca quando imbraccia la tastiera a spalla a mo’ di guitar hero facendo scale degne di Santana e ci scratcha (!!!) utilizzando un paio di tasti programmati. Una padronanza utile delle nuove tecnologie che impressiona.

Insomma chi si aspettava al massimo Cantaloupe Island resta piacevolmente scioccato dalla varietà di musica proposta e quando questo brano arriva, subito prima della pausa, è quasi irriconoscibile se non per un piccolo accenno al celebre tema.

L’encore si compone di un solo lungo pezzo e Herbie Hancock chiude tra grandi sorrisi e larghi inchini dopo un’ora e mezza di concerto.

72 anni e non sentirli, standing ovation.

Roberto Esposti (testo e foto)

Condividi