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HEAVY TRIP

Il 23 novembre ha preso il via la 36esima edizione del Torino Film Festival che, come al solito, alla rassegna a tematica musicale quest’anno dedicata al jazz e curata dal guest director del Festival, il regista Pupi Avati, presenta alcune altre opere in cui la musica e i musicisti sono protagonisti. Nel film Heavy Trip (titolo originale Hevi Reissu) dei registi finlandesi Jukka Vidgren e Juuso Laatio l’argomento è l’heavy metal. In un paesino del nord della Finlandia quattro ragazzi nel tempo libero suonano insieme in una band metal. Turo, il cantante lavora in un ospedale psichiatrico, Pasi, il bassista, è un’enciclopedia vivente del metal, Jynkky, il batterista, è il più motivato a portare avanti il gruppo, e Lotvonen, il chitarrista lavora nel macello del padre, dove la band fa anche le prove. Sono bravi ragazzi ma i capelli lunghi e il look metallaro vengono mal tollerati da alcuni abitanti e i quattro vengono derisi o visti come dei degenerati, per esempio dal poliziotto locale che intima a Turo di stare lontano da sua figlia, già promessa alla star musicale locale, un cantante di musica popolare. La band è in crisi d’ispirazione quando Lotvonen, durante il lavoro al macello, viene folgorato dai rumori sinistri prodotti dall’accidentale macellazione di una renna dai quali trae l’ispirazione per un brano. Gli altri compnenti della band ne sono entusiasti e, dopo aver arrangiato il pezzo, incidono una demo. Proprio quel giorno si ferma al macello, per compare del sangue, l’organizzatore del più importante festival heavy metal della Norvegia, il Northern Damnation. Non senza qualche peripezia comica, i ragazzi gli consegnano la demo e, convinti della bontà del loro nuovo brano, si immaginano già al festival. Turo lo dice alla sua amata per fare colpo e la notizia fa in breve il giro del paese. I ragazzi suoneranno a un festival all’estero, sono importanti, ce l’hanno fatta, e questo è sufficiente per cambiare il loro status. Non più derisi ma portati in palmo di mano, rispettati e riveriti da tutti e osannati più della star locale, il cantante rivale in amore di Turo. Adesso serve un nome per la band (che sarà Impaled Rektum), unica esponente del nuovo genere ‘symphonic postapocalyptic reindeer-grinding christ-abusing extreme war pagan fennoscandian metal’, serve un nuovo look e un furgone. Successivamente si dovrà cercare un nuovo batterista che Turo troverà in un paziente dell’ospedale psichiatrico in cui lavora, uno dei casi più difficili e pericolosi, che si ammansisce solo quando gli mettono sulle orecchie le cuffie con musica heavy-metal. Ci sono tante scene spassose nel film, di quella comicità volutamente trash-demenziale che permette di ironizzare sui canoni musicali ed estetici dell’heavy metal, rimanendo sempre dalla parte dei metallari. Tra l’altro sotto la patina di ilarità e leggerezza il messaggio che il film trasmette non è per niente banale: bisogna seguire i propri sogni, a qualsiasi costo, e sfidare le proprie paure, come fa Turo dopo avere sentito il racconto di quel popolo dell’Africa che sfida i leoni andandogli a sottrarre il cibo sootto il naso. È la lezione che gli impartisce il pericoloso malato di mente e poi batterista degli Impaled Rektum, che lancia un altro messaggio centrale del film: dove sta effettivamente la normalità, in chi cerca di essere se stesso e di realizzare i propri sogni o in chi si accontenta di una piatta vita di provincia?

Rossana Morriello

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