Top

GREG LAKE

Memorie di un gentiluomo

Ho rimandato fino all’ultimo la doverosa scrittura del presente, perché se difficile è espletare la critica di un linguaggio, e mantenerne una possibile oggettività, quest’ultima è impresa perfino bizzarra quando l’epitaffio che ti accingi a scrivere, l’ennesimo che chiude questo orribile anno, è quello di una figura che stimi straordinariamente e per di più il tuo migliore amico.

 

Poole, Dorset, 1947

Il piccolo Greg cresce come i suoi coetanei in una terra magica, il Dorset che ha dato i natali a molti dei più grandi musicisti inglesi, ammaliato dal vento del nord, portato dai Beatles. Povero da famiglia povera (viveva in una di quelle case prefabbricate di asbesto, costruite per ovviare nell’immediato ai devastanti danni della guerra in quel territorio massacrato dai bombardamenti della Luftwaffe) ebbe a 12 anni il dono della sua prima chitarra che suonava con un fiammifero al posto del plettro. Poi i primi gruppi: Unit 4, The Shame, The Shy Limbs. Contemporaneamente, il mitico Don Strike e le lezioni nel retro del negozio sito ancora oggi nella galleria di Westbourne. Tra i compagni di corso Andy Summers, e l’amico del cuore Robert Fripp che forniva anche servizi di manovalaggio alla band di Greg. Poi la discesa a Londra con i Gods che poi sarebbero diventati Uriah Heep. Ricorda Ken Hensley “Greg era il nostro frontman ma avevo capito da subito che il suo talento era troppo grande per il ruolo che noi potevamo offrirgli”.

Sebbene chitarrista, con i Gods Greg suona anche il basso ed è proprio in quel ruolo che Fripp, che intanto aveva formato il nucleo di quelli che sarebbero diventati i King Crimson con la cantante folk Judy Dyble, lo chiama nella band che sarà destinata a rivoluzionare il mondo del rock inglese.

Dotato di un carisma fortissimo e di una voce tra le migliori espresse dalla musica rock, Greg Lake riveste per i Crimson un ruolo decisivo a livello di composizione e produzione del suono, talento assai poco considerato qui da noi, ma di sostanziale importanza nello sviluppo della musica rock.

Voce angelica, da ragazzo del coro britannico e non certo da blues o rock’n’roll.

Infatti il genere che Lake stava contribuendo in modo determinante a formare, che poi si sarebbe chiamato progressive, si differenzia sostanzialmente dal rock proprio perché invece che affondare le proprie radici nella musica americana, soul e blues principalmente, attinge la propria ispirazione da quella europea, folk e classica specialmente.

Lake e Fripp hanno condiviso quell’intimità che solo due adolescenti con le chitarre in mano e gli occhi gonfi di sogni possono avere. Frequentando lo stesso insegnante di chitarra erano come speculari: Greg sapeva esattamente ciò che faceva Bob e viceversa. L’intesa, la forza prorompente della prima incarnazione dei King Crimson, la feroce perversità romantica, che Sinfield chiamava “The Good Fairy”, fu qualcosa mai più ritrovata nelle pur iperboliche avventure creative successive.

Poi la storia del successo: le platee oceaniche raggiunte con Emerson Lake & Palmer, i tre TIR zeppi di strumenti, l’eccesso che – però – Lake seppe quasi sempre bilanciare.

Produttore visionario, aveva la forza sufficiente per bilanciare l’esuberanza di Keith Emerson, le sue fobie e la frenesia percussiva di Carl.

Nel 1970, dopo un solo concerto di warm up in un piccolo club, ELP si trovano a debuttare all’isola di Wight passando immediatamente da un discreto anonimato allo stardom del “supergruppo”: 48 milioni di dischi venduti in pochi mesi.

Nonostante i loro brani di pura avanguardia quali la suite Tarkus o The Endless Enigma, sono proprio le ballad di Lake a portare la band al successo, a cominciare dalla celeberrima Lucky Man, nata come un poco convinto filler per un album d’esordio troppo corto, e scritta da Greg a soli 12 anni. Quando gli si chiedeva come mai erano proprio le sue ballad ad avere maggior successo, candidamente rispondeva che la musica è qualcosa che si muove da anima ad anima e le mie ballads sono semplicemente più immediate dei brani scritti con Emerson.

Cosa non sempre vera: infatti tra le composizioni del solo Lake a essere considerate dalla critica come veri capolavori, quella The Sage che scrisse quando produsse l’arrangiamento prog dei famosi “Quadri di un’esposizione” di Mussorgsky. Lake era talmente immerso nella scrittura dei testi sopra la musica del grande compositore russo e dagli arrangiamenti che Emerson stava scrivendo che gli venne spontanea questa complessissima ballad dal testo esistenzialista, scritta su armonie che partivano da quel Lam9, a lui caro e usato anche in Moonchild, che sembrava un brano scritto da Mussorgsky.

 

Nel film Bambi di Walt Disney mi ha sempre colpito una frase pronunciata con piglio pedagogico dal papà del coniglietto Tamburino: “Se non hai nulla da dire è meglio non dire niente”. Greg Lake non è caduto nel disastroso gioco dell’evacuazione a tutti i costi che ha falcidiato molti suoi contemporanei. Da perfezionista maniaco ha saputo fare un passo indietro quando non soddisfatto pienamente della portata qualitativa e anche semantica della propria musica e, credetemi, non è cosa da tutti. Solo in tempi recenti ha accettato di ritornare sulle scene con un tour dichiaratamente nostalgico “Songs Of A Lifetime” che lo ha portato qualche anno fa anche in Italia.

 

Molti elogiano di Lake la voce, certamente tra le migliori espresse dal rock, oppure la sua tecnica chitarristica mai fine a sé stessa ma al servizio della composizione: migliaia di chitarristi si sono spellati le dita per cercare di imitare le parti di The Sage o il famigerato intro di From The Beginning. Il suo modo personalissimo di approccio al basso ha creato un universo di epigoni. Ascoltate le due linee di basso (uno fuzz) in 21st Century Schizoid Man o la fuga di The Only Way, per tacere degli avventurosi contrappunti di Tank.

Credo però che tra i suoi talenti maggiori vi sia quello del saper produrre, ovvero ottenere il meglio dai musicisti, incluso sé stesso. Sebbene non specificatamente accreditato era stato lui a sedersi dietro il mixer già nel primo album dei King Crimson e poi di tutti i successivi album di successo di EL&P, nel periodo d’oro. La sua visione musicale ha dato plastica forma a quel genere, il progressive, che ha rappresentato la maggior innovazione culturale nella musica giovanile dopo i Beatles.

Il ponte che ha lanciato tra due generi, due mondi, allora inconciliabili, quello della musica classica e il rock, anticipando quello che oggi si chiama crossover, davvero non ha paragoni.

 

L’Italia per Greg è sempre stata la patria delle arti e della cultura. Quando passeggiavamo per le strade delle città italiane, prima tra tutte la piccola Piacenza dove aveva stabilito una sorta di quartiere generale attorno allo studio di registrazione Elfo, si fermava ammaliato da particolari architettonici, scorci, affreschi o stucchi, abbaini e monumenti. Perfino i comignoli. Era orgoglioso di avere portato al successo internazionale due band italiane come il Banco e la PFM e proprio negli ultimi anni aveva deciso di riaprire la Manticore con l’intento di produrre nuovi talenti e scoprirli, come la giovane polistrumentista Annie Barbazza “The Best voice I have ever heard” che ha voluto con sé sul palco alla prima del tour italiano, proprio a Piacenza, assieme a Bernardo Lanzetti (what a voice!) e a Aldo Tagliapietra che Greg stimava immensamente come musicista e persona e che sentiva affine per quella attenzione alla melodia, alla canzone che entrambi hanno. Nel giugno del 2013 Lake viene invitato come ospite d’onore al Festival Internazionale della Poesia di Genova dove recita Pirates ed esegue a sorpresa delle canzoni per una platea gremita e commossa alle lacrime.

Nel gennaio dell’infame anno bisesto 2016, Greg riceve la prima laurea Honoris Causa mai conferita da un conservatorio italiano, quello della grata Piacenza, alla quale riuscirà, già troppo debole per viaggiare, a parteciperà solo via Skype.

 

Purtroppo la malattia che scampo non lascia lo ha colto tre anni fa. Quando me lo comunicò lo stesso giorno mi disse che non dovevo dolermene e che non aveva paura della morte anzi, che aveva vissuto come due vite: a 22 anni all’isola di Wight…

Credo che nei decenni futuri verrà rivalutata non solo criticamente la figura di Lake quale una delle figure centrali nello sviluppo della musica popolare occidentale.

So Long Greg.

Massimo Marchini

Condividi