GLI STOOGES DI JIM JARMUSCH
Gimme Danger è un atto d’amore. È così che lo ha definito il regista, Jim Jarmusch. Un atto d’amore verso gli Stooges, una delle band con le quali è cresciuto, e verso il suo leader James Osterberg, in arte Iggy Pop, al quale Jarmusch è legato da una profonda amicizia da venticinque anni. Iggy è comparso in tre film di Jarmusch: in Dead Man (1995) era il bandito vestito da donna che a un certo punto incontra William (Johnny Depp), in Coffe and Cigarettes (2003), interpretava sé stesso protagonista con Tom Waits di uno degli episodi, e nell’ultimo, Paterson (2016), pur non essendo presente come attore, viene evocato con un poster appeso in un bar e con il racconto (peraltro veritiero) dell’aneddoto che un’associazione di ragazze di Paterson nel 1970 aveva eletto Iggy Pop come l’uomo più sexy al mondo.
È stato lo stesso Iggy a suggerire a Jarmusch, otto anni fa, di fare un film sugli Stooges, conoscendo il suo amore per la band, e il regista, egli stesso musicista, ha accettato di realizzare la sua seconda opera a tematiche totalmente musicali dopo Year of the Horse (1997), dedicato al tour del 1996 di Neil Young and Crazy Horse. Queste le premesse di Gimme Danger e la base di partenza viene evidenziata fin dalle prime scene. Jarmusch apre il film dicendo ‘siamo in un luogo segreto per fare qualche domanda a Jim Osterberg sugli Stooges, la più grande rock’n’roll band di tutti i tempi’. Dichiara subito la sua condizione di fan, di amante della band, e chiede al pubblico di “schierarsi” come se domandasse : ‘siete con me oppure no’? siete cresciuti anche voi con la musica degli Stooges? avete visto un concerto recente degli Stooges con un Iggy ultrasessantenne che ancora salta e si dimena sul palco come se ne avesse venti e percepito tutto il carisma che ancora quest’artista riesce ad emanare?’. Bene, allora questo film fa per voi e non vi stupirete certo che la voce narrante del film sia lo stesso Iggy che si racconta, che racconta la sua band, con la presenza del regista ridotta al minimo del suo stile già di per sé minimalista, resa quasi impercettibile se non per trasformare in immagini le sue parole. E d’altronde è una fortuna poter avere ancora una figura leggendaria del rock che si racconta, perché quindi non farla parlare direttamente, per fornirci il suo punto di vista, la sua visione della storia, perché raccontare dall’esterno una vicenda che qualcuno può raccontare dall’interno, da protagonista?
Questo non significa che Iggy sia l’unico a parlare nel film, ci sono diverse altre voci, gli altri Stooges, Scott Asheton, Ron Asheton, James Williamson, Steve Mackay, i collaboratori e gli amici, la sorella degli Asheton. Ma significa invece che il regista lo lascia totalmente libero di raccontarsi, riprendendolo in molte inquadrature seduto su una poltrona che somiglia a un trono, davanti a un grande quadro e circondato da vari simboli, come in un moderno ritratto di corte. È lui il re, e questa posizione per l’Iguana è un po’ scomoda: si contorce e si accovaccia, perché lui è così, è sé stesso, a suo agio, e sta parlando con un amico.
“Non voglio essere etichettato come glam, alternativo o altro, non voglio essere punk… voglio solo essere” – afferma nel film. E nell’essere solo sé stesso è stato glam, alternativo, punk suo malgrado. Il punk è nato dalla sua musica e lo si vede alla fine del film quando scorrono le immagini di tutti i gruppi punk (e non solo) che hanno omaggiato gli Stooges con delle cover, un’occasione per comprendere quale influenza ha avuto quella band nella storia del rock. E non è una questione di accordi musicali, ma di attitudine.
Iggy Pop in Gimme Danger racconta la sua infanzia, le trasmissioni tv che lo hanno influenzato da bambino, il contesto in cui si viveva negli anni ‘50 e ‘60, le band in cui ha cominciato a suonare come batterista, The Iguanas, The Prime Movers, prima di fondare gli Stooges nel 1967. Poi i primi tempi difficili per il gruppo e il supporto degli MC5, a cui va il sincero ringraziamento di Iggy perché non è facile nel mondo del rock trovare qualcuno che ti aiuti come hanno fatto loro, e ancora il primo scioglimento, i problemi di droga, l’incontro con David Bowie, le reunion, vecchie e recenti, l’inclusione nella Rock’n’Roll Hall of Fame e l’eredità che hanno lasciato nella musica rock. C’è tutta la storia degli Stooges nelle parole di Iggy che Jarmusch ci fa visualizzare tramite le immagini sullo schermo, raccogliendo i pochi filmati disponibili, le fotografie, i documenti originali ricorrendo in alcuni casi anche a delle animazioni, che ci permettono di vedere le Shangri-Las quando lui le cita o la roulotte in cui viveva con i genitori quando ne parla. Il tono è leggero, divertente, ironico, ma non potrebbe essere diversamente perché il protagonista è Iggy Pop, l’uomo che ha salutato il pubblico nella serata della Rock’n’Roll Hall of Fame con il dito medio di entrambe le mani alzato.
Per documentari seriosi e pomposi sugli Stooges ci sarà tempo.
Rossana Morriello