Giulia’s Mother #seguilazattera day4
Quando si vive in simbiosi con il fiume, bastano pochi giorni, si presta molta più attenzione ad eventi che normalmente scorrono in sottofondo. Perciò il cielo sereno che ci accoglie al risveglio, dopo la devastante giornata di ieri, è accolto come una benedizione. Il livello del Po è salito di oltre 70 centimetri. Ci sono stati violenti rovesci e grandinate in tutto il nord e gli affluenti hanno velocemente scaricato le loro acque torbide verso valle.
La tappa di oggi sarà piuttosto impegnativa: il corso del grande fiume si contorce in ampie volute che si aprono su isolotti sabbiosi e le secche restano sempre in agguato. Il fiume è elemento di confine e di contaminazione, i ponti raccontano storie di commerci e di contatti. Pranziamo su un vecchio barcone che Giuseppe, canuto e muscoloso, ha risistemato per la sua vita sul fiume: uno spazio per le reti e gli strumenti di pesca e uno stanzone ordinato dove consumare un pasto o ritirarsi durante un temporale. Ad un tratto fa una cosa semplice: si gira e se ne va. Mi fido di voi – ci dice, appena dieci minuti dopo averci visti per la prima volta. Le immagini appese ai muri raccontano storie del fiume: un ponte di barche inaugurato da una folla esuberante negli anni ’20 che verrà poi distrutto dai tedeschi in pieno conflitto bellico, pescatori in bianco e nero, barconi tirati a lucido, pesci siluro in bella mostra e le morbide degli anni passati.
Il panorama oggi è meraviglioso, tra lingue di sabbia bianchissima e il cielo costellato di nuvole soffici. Le secche restano sempre in agguato, le superiamo con caute manovre recuperando velocemente il largo. Poi, dal nulla, un’altra meraviglia del fiume: dozzine di cefali ci saltano intorno, restiamo a guardare sbalorditi mentre ci sfiorano prima di sparire sott’acqua. Una manciata si arena addirittura sopra la zattera, proviamo ad acciuffarli e a ributtarli in acqua. Percorriamo l’ultimo tratto sottovento e sul corpo, fino a quel momento bruciato dal sole, scorre qualche brivido.
Arriviamo a Sermide al tramonto. Ci accoglie il sindaco e un paio di assessori entusiasti che ci chiedono di raccontare la nostra impresa al termine di uno spettacolo in dialetto che si tiene sulla piazza del municipio. Sembra una situazione paradossale, ma conquistare tutti è semplice. Basta parlare di bellezza, di condivisione e degli sforzi minimi che occorrerebbero per rendere il Po un’arteria pulsante di cultura e ricchezza. Il resto della ciurma lavora senza sosta per prepararci una cena appetitosa, per editare il video della giornata e il brano inedito che i Giulia’s Mother regalano in anteprima esclusiva su Rockerilla. Qualcuno è crollato su un materassino.
Il brano di oggi è Consciousness. Durante l’ascolto comincia a venire a galla una sensazione precisa che lega le canzoni che abbiamo ascoltato finora. La parola giusta è catarsi. Lo sguardo è sincero e cerca di acciuffare le grandi verità del mondo, incontrando tutte le resistenze, le perversioni, le granitiche gabbie emotive che ci tengono intrappolati a terra. Il suono è morbido, giocato su una progressione armonica calante che acchiappa immediatamente l’ascolto. Nessuno sfogo rabbioso, qui, ma un liberatorio desiderio di verità che percorre la voce di Andrea. Un inizio lieve, una pancia pregna di emozione, un finale che si spegne in lontananza.
A notte fonda, muovendoci verso le tende, ci accoglie la straniante impressione di sentire il terreno muoversi sotto ai piedi, come se fossimo ancora in barca. Un’altra sensazione mai provata prima regalata da questo incredibile viaggio.