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Giulia’s Mother #seguila zattera day 2

Immaginate una zattera di pochi metri quadri, coperta da una piccola veranda. Intorno c’è la vibrazione continua del motore, un sol diesis calante, e un fiume d’acqua immenso. Perdere la concezione del tempo, lì dentro, è un processo pressoché naturale. Lo sguardo si allunga all’orizzonte, il fiume potrebbe essere un cielo capovolto. La pioggia, la prima dopo otto settimane, non ci ha impedito di riprendere il viaggio. È la tappa più lunga: arriveremo alla Tana di Roncarolo, poco lontana dalla centrale nucleare di Caorso.

Per minuti interi non c’è traccia di vita umana. Le garzette e gli aironi cinerini si alzano in volo annoiati al nostro passaggio. Il fiume si snoda con ampie volute che tagliano la pianura a metà. Superata l’autostrada si incontrano una manciata di ponti dove scorrono treni veloci a intervalli regolari; poi più nulla per chilometri. Il fiume oggi è più scuro, schiumoso e oleoso. Colpa della siccità, ci dicono, e del deterioramento di un ecosistema rimasto in equilibrio per secoli. Il blu e il grigio si perdono verso le rive, sostituite da un verde olivastro, ardesia scuro e oro vecchio. Una arteria naturale che pare in sofferenza, nonostante la ricchezza che ha portato a chi si è insediato tra le sue acque, ma è roba di molti decenni fa. Passa qualche ciclista sulla sponda, ci salutano tre anziani su una veranda rubata ai salici.

Quando il motore si spegne per un attimo, scende il silenzio e i sensi si dilatano. Andrea controlla il motore, Carlo sonnecchia a pochi centimetri. L’acqua è una lastra di catrame che riflette la luce deviata dalle nuvole. Nessuno ci vede, nessuno si accorge di noi, eppure sentiamo che con questo viaggio stiamo seminando qualcosa di importante.

A Roncarolo ci attendono con docce calde, birre gelate e almeno mille zanzare affamate. I ballottaggi hanno eletto amministratori non troppo diversi da quelli precedenti. Ci chiedono del nostro progetto. Si avvicinano curiosi e sinceri. C’è il solito temporale che incombe; la figlia di una donna sta per sposarsi in un paese delle Fiandre, un cronista locale ci saluta velocemente, lo aspetta il vescovo.  Orlando ha voglia di parlare e ci racconta delle difficoltà nell’accogliere i turisti: il sindaco rilascia un permesso di campeggio temporaneo ogni due settimane. Un calciatore famoso trascorre ogni anno qualche ora sulla banchina senza che nessuno si scomponga troppo, la burocrazia allontana i turisti più delle zanzare.

L’accoglienza è commovente: c’è una umanità, in questa gente, che riscalda il cuore. Spuntano salami e bottiglie di vino, una crostata di albicocche con una candela per il compleanno di Claudio, una anguria succosa. Ci chiedono una foto per la loro bacheca, tra le immagini dei pesci siluro pescati nei dintorni.

Il palco si affaccia direttamente sul Po, questa sera. Le zanzare si allontanano per qualche ora, sospinte dal vento che si alza all’improvviso. Le luci colorate verdi, rosse e bianche, attirano qualche moscerino.

Event Horizon è il secondo nuovo brano che i Giulia’s Mother regalano in anteprima esclusiva per Rockerilla. C’è un cambio assoluto di emozioni, qui. Una melodia che risuona a lungo nell’etere, una sospensione temporale che porta via le certezze di una esistenza senza punti di riferimento veri. Uno smarrimento che risuona nella voce di Andrea e nella musica che si gonfia intorno. Eppure non c’è dolore, qui. É pura e amarissima consapevolezza.

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