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GIORGIO MORODER

 Il ritorno del guru

 «When I was fifteen, sixteen when I started really to play the guitar I definitely wanted to become a musician. It was almost impossible because the dream was so big that I didn’t see any chance because I was living in a little town, I was studying. And when I finally broke away from school and became a musician

I thought “well, now I may have a bit of a chance” because all I every wanted to do is music but not only play music. But compose music […] My name is Giovanni Giorgio, but everybody calls me Giorgio…» (frammento di testo tratto da Giorgio By Moroder, Daft Punk ft. Giorgio Moroder).

 

Non si poteva pretendere nome più insigne per dare il via al ‘Big Bang’ che ha spalancato i battenti delle nuove OGR, storica fabbrica dei treni nel cuore di Torino divenuta sfolgorante sede maestosa di spazi polifunzionali dove ospitare eventi e manifestazioni artistiche di varia natura e disciplina, fra cui concerti (dal classico al contemporaneo), opere teatrali, mostre, laboratori, start-up, realtà virtuale, arti performative e spettacoli di danza, con uno sguardo rivolto ai linguaggi delle nuove tecnologie e della sperimentazione avanguardistica.

 

An Evening with Giorgio Moroder: questo il titolo della performance presentata in esclusiva italiana e in anteprima europea la sera del 30 settembre sul palco delle Officine Grandi Riparazioni. Ad affiancare il compositore altoatesino erano la Heritage Orchestra & Ensemble Symphony Orchestra, un trio di coristi più due cantanti solisti chiamati ad alternarsi nei brani. Moroder non è solo il mago della disco music e del groove pulsante a tutti noto, ma è anche deejay e produttore sopraffino, stratega del sintetizzatore e del metodo elettronico che ha influito non poco sul corso della nuova musica, artefice di sodalizi epocali (alcuni tra i tanti: David Bowie, Blondie, Japan, Nina Hagen, Freddie Mercury, Eurythmics, Philip Oakey, Coldplay, Daft Punk e gli Sparks dei fratelli Mael) e, non ultimo, autore di colonne sonore per i film d’importanti cineasti quali Alan Parker, Paul Schrader, Adrian Lyne, Brian De Palma, Quentin Tarantino e perfino Fritz Lang per la nuova edizione rilavorata di Metropolis.

 

Le musiche di Moroder hanno fatto breccia sui muscoli e i neuroni dell’oceanica e variegata massa di pubblico in sala, infilando il meglio del meglio del suo repertorio storico (dai successi con Donna Summer alle soundtrack ai progetti di collaborazione), una selezione a tutto tondo di cavalli di battaglia ridisegnati ad hoc per l’occasione ed eseguiti da un’orchestra di 36 elementi, oltre che impiegando un equipaggiamento tecnologico dalle dinamiche sconfinate, uniche, evocative, pervasive, spaziali. Ogni premio, onorificenza e riconoscimento collezionato dal Nostro (4 Grammy Awards, 3 Oscar, 4 Golden Globe e un centinaio fra dischi d’oro e di platino) lo si è toccato con mano in due ore di prestazioni formidabili, veri e propri monumenti d’arte compositiva in movimento, attraversati da spirali di frequenze magnetiche e polifonie corali, da crescendo orchestrali e corridoi di ritmi mercuriali, da sapori futuribili e balletti cibernetici da capogiro.

 

Mai più avremmo immaginato di plaudire ai capolavori di Moroder in sede live, di ripercorrere in siffatta maniera i motorik siderali di From Here To Eternity, di rivivere da un’angolazione inedita le atmosfere ‘cinematografiche’ di Midnight Express (il memorabile Fuga di mezzanotte di Alan Parker con il mai troppo amato Brad Davis), Scarface, Top Gun, American Gigolò, Cat People, Flashdance e The Neverending Story, di scioglierci alle ondose movenze sensuali che il Nostro plasmò sulla voce di Donna Summer per Love To Love You Baby e la superlativa I Feel Love (brano quest’ultimo che parlando con David Bowie ai tempi della trilogia berlinese, Brian Eno definì “il suono del futuro”). Ci ha pure sfornato una versione esplosiva della hit mondiale Hot Stuff. Un sogno che diventa realtà ed emozione all’ennesima potenza, frutto di chimiche vibrazionali paragonabili ai caleidoscopi del trip psichedelico che prende quota su altre onde sonore. Il tutto calato nella magia della dimensione live e dell’esperienza acustico-visiva esperita in tal guisa, nell’ebrezza del contatto diretto che muove corde sensibili e scosse d’adrenalina senza mai allentare il tiro. Anche laddove le luci si abbassano e la suspence cresce nella pur breve attesa del gran finale sulle note ‘autobiografiche’ di Giorgio By Moroder, ultima danza rotante di un concerto che ha rubato i cuori di chi c’era.

Aldo Chimenti

30 settembre, Torino, OGR

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