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ESPERANZA

Mondi Lontanissimi

 

Avevamo conosciuto gli Esperanza proprio un anno fa: la Gomma Records (quella degli WhoMadeWho) ne aveva pubblicato l’omonimo esordio. A dirla tutta non così promettente come ce lo saremmo aspettato. Ma si sa come sono le questioni di gusto: ad altri era piaciuto moltissimo, tanto che lo passavano anche in radio qui nella capitale. Poi è arrivato il battesimo ufficiale da parte di sua maestà Michael Mayer durante una serata al Fabric e tutto è cambiato: gli Esperanza sono diventati un affare europeo, tra Londra e Berlino.
Per fortuna suonano ancora dalle nostre parti, perché vederli dal vivo è una gran bella esperienza. Innanzi tutto è arrivato Jacamo, il batterista. E il suono sintetico degli Esperanza sembra aver preso le strade dei Dif Juz e dei Seefeel, tra funk onirici e tappeti d’ambient sintetici. Poi c’è l’energia che dal vivo i quattro sanno comunicare: come degli Animal Collective più elettronici. Non che improvvisino alla maniera dei corrieri cosmici: le tracce sono sempre riconoscibili, anche se allungate grazie ai plugin dell’Ableton e soprattutto alla batteria di Jacamo.
Dopo il concerto romano dello scorso novembre al Brancaleone sono sudati e felici: il pubblico ha apprezzato la loro miscela di rock ed elettronica, più di quanto fosse lecito aspettarsi.

 

Vi arrabbiate se vi presentano come gli XX italiani?
Matteo Lavagna: Sì, certo. Che c’entrano gli XX con noi? E perché sempre questa storia che un gruppo italiano deve assomigliare a qualche gruppo straniero? Non mi fraintendere, a me piacciono gli XX e posso essere anche lusingato se ci paragonano a loro, ma presentarci come gli XX italiani non mi sembra ci faccia giustizia…

Su Rockerilla di Dicembre l’intervista completa di Roberto Mandolini.

ph Mauro Stancati

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