ENSLAVED Intervista
Cambiamo il nostro futuro ora!
Intervista di GEOFF BIRCHENALL (traduzione di Mystery Flame)
In Times, splendido amalgama di progressive rock e black metal, rappresenta uno degli album dell’anno, ed un lavoro da riascoltare nel tempo per scoprirne gli ulteriori segreti. Tuttavia quello che sorprende di più è come una band nata più di venti anni fa riesca ancora a crescere e a soddisfare pienamente. Un’intervista approfondita rilasciata per la debuttante rivista online 3rdeyemag.net dal compositore e chitarrista Ivar Bjørnson e dal bassista e cantante Grutle Kjellson, rivela i loro ideali.
In Times è un titolo piuttosto curioso: che cosa significa per voi?
Ivar: Per me rispecchia l’esistenza di molteplici realtà attraverso spazio e tempo, intesi sia in senso fisico che metaforico. Ogni frammento di idea o riflessione fa inconsapevole riferimento al tempo – passato, presente, futuro, ere mitologiche, tempo cosmologico, psicologico e così via. Quindi questo album è una meditazione sul concetto di autocoscienza e su come lavorare attivamente lungo traiettorie temporali per forgiare nuove situazioni secondo la nostra volontà. Il titolo mi fa pensare alla vita ed alla morte, alle rune ed alle tradizioni esoteriche, alla mitologia e agli dei, alla fisica quantistica e… a tutto e niente!
Esiste dunque un collegamento diretto con paesaggi fisici o metafisici?
Ivar: Il legame è certamente ‘reale’, come è reale ogni cosa, ed in questo senso non mi sento di poter separare i paesaggi fisici da quelli metafisici. Quando tutto è reale (e non solo la morte), non esiste alcuna separazione tra isimboli ed il mondo che essi rappresentano. Sull’album ci sono molti paesaggi da scoprire e, se lo si desidera, esplorare: altipiani psicologici dagli iceberg del subconscio alle pareti a strapiombo della coscienza iper-sensoriale. Ci sono i mondi mitologici del caos primordiale, l’ascesa e la caduta dell’ordine del mondo, nuovi inizi e nuovamente morte, e così via. Ci sono poi i paesaggi del tempo stesso, e le esistenze parallele che appaiono attraverso e tra lo svolgersi dei tempi. Infatti, ‘paesaggi’ è un ottimo modo di descrivere l’album!
I testi di 1.000 Years of Rain sembrano fare riferimento ai tempi turbolenti che stiamo vivendo, con le varie minacce globali . È una interpretazione corretta?
Grutle: Il brano può essere un’ottima metafora su molte cose, soprattutto in questi tempi incredibilmente turbolenti. I testi trattano in particolare dell’interazione umana in un senso lato e atemporale. E qui posso menzionare Einstein: ”Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana; ma riguardo all’universo ho ancora dei dubbi”. I testi fanno riferimento in particolare ad un racconto dell’Elder Edda (ndr. raccolta di antichi poemi vichinghi), e sono abbastanza sicuro che il lettore attento sarà in grado di intuire a quale racconto sto alludendo. La cosa ha un significato personale, naturalmente, ma le liriche sono aperte anche ad interpretazioni individuali.
Mi sembra che nel corso della vostra carriera vi siete lentamente ma costantemente allontanati da contesti spazio-temporali antichi (l’età vichinga ) per affrontare temi più moderni e concreti. È stata una decisione cosciente o è un sintomo di maturità?
Grutle: Forse questa è l’impressione che abbiamo dato con i nostri ultimi album, ma non ci siamo completamente allontanati dall’era vichinga. Mitologia e misticismo nordico sono ancora parte integrante degli Enslaved. Ci siamo tuttavia allontanati dai vecchi costumi di scena che eravamo soliti usare sul palco: in questo modo non saremo mai più associati con gruppi che amano indossare indumenti di pelliccia e suonare la fisarmonica cantando fragorosamente di ubriacature di birra e raid in conventi di suore. Se questo è un sintomo di maturità, mi va benissimo invecchiare!
Se dovessimo ripercorrere la vostra ricca discografia, quale delle vostre canzoni è indissolubilmente legata ad un luogo specifico – sia reale che no?
Ivar: Sempre supponendo che tutto quello che percepiamo è reale (per citare Paul Simon: “Still Crazy After All These Years”), la nostra musica è legata al tipo di paesaggio mitologico che ci circonda, dove siamo cresciuti e viviamo ancora, ovvero la zona sud-ovest della costa norvegese e le montagne interne che la delimitano. Direi che la canzone To Coast è forse uno dei nostri testi più concreti in termini di scelta di un luogo specifico. Non è tuttavia un posto che si trova sulle mappe normali: fa parte di un paesaggio che attraversa saghe vichinghe, mitologia nordica, spazi dentro rituali runici, la mia storia familiare ed Il Settimo Sigillo di Ingmar Bergman.
La musica è molto legata allo spazio geografico e socio-politico. Pensiamo all’hip-hop (spazio urbano), al black metal (spazio naturale e selvaggio visto dal passato), all’industrial (ancora una volta, il lato più oscuro dello spazio urbano) e così via. Dove si inseriscono gli Enslaved del 2015?
Ivar: Hey, domanda interessante! Credo che quello degli Enslaved sia il suono di ciò che troviamo tra uno spazio e l’altro, e non appartenga necessariamente ad un ambiente specifico. È il suono che ci fa ricordare di qualcosa che esisteva o che potrebbe essere esistito in un certo luogo, ma che non c’è più. Qualcuno una volta mi ha detto che Enslaved rappresentava il suono di cose belle e tristi che non appartengono a questa realtà. Il che, come abbiamo discusso già in precedenza (o meglio, è stato il tema dei miei monologhi deliranti), non è necessariamente l’unica realtà. Mi piace pensare che ogni ascoltatore percepisca un luogo suo proprio dove tutto è possibile, e possa relazionarsi all’ambiente circostante in modo profondo; questo posto potrebbe essere molto diverso da persona a persona. Per me è più probabile che sia un museo o una libreria (che trovo essere luoghi magici), altri potrebbero immaginare un fiume selvaggio, o una stazione affollata della metropolitana dove trovare pace ed energia nell’anonimato del caos urbano. Mi piace pensare ad Enslaved come uno spazio che muta continuamente.
Perché pensi che il black metal sia diventato sinonimo di natura incontaminata, montagne e foreste? È tutta colpa di Tolkien? Certamente è un ottimo esempio di un artista che ha vissuto in una grande città (Birmingham) e ha usato la sua immaginazione nel prendere grattacieli e trasformarli in montagne, parchi urbani in hobbit e nodi stradali in orchi! Hai mai usato simili analogie? C’è sicuramente una certa nostalgia per il passato, innata nel black metal, che contempla un ritorno a tempi in cui la natura non era ancora coperta dal cemento.
Ivar: Tolkien è sicuramente parte in causa, ma c’è altro. Molti artisti che scrivono testi (e musica) usano questo tipo di processo in cui il presente viene trasportato in situazioni diverse o addirittura fuori dal tempo stesso. Per me questo è ciò che innalza l’arte sopra alla desolazione del caos di tutti i giorni e del business. Credo che il metal estremo possa anche funzionare come una finestra sul passato, ma per me il fascino non sta nell’evasione dalla realtà. Preferisco portare nel presente elementi utili da altri luoghi spazio-temporali, invece di cercare di evitare il contingente. Certo black metal rifiuta la realtà del presente, abbracciando nostalgicamente il passato, come Burzum, Wolves in the Throne Room, ecc.: anch’io mi sento molto vicino alla natura, ma la cosa non potrebbe essere altrimenti, poiché io stesso, in quanto essere umano, SONO natura! Il mondo non sarebbe così incasinato se più gente comprendesse che non c’è separazione alcuna tra ‘natura’ ed ‘esseri umani’, e credo che la colpa sia del monoteismo, che personalmente vedo come una peste spirituale per umanità. Ragionando in questo senso, qualsiasi forma d’arte anti-monoteistica deve per forza essere pro-natura, o almeno dovrebbe simboleggiare un avvicinamento reale alla natura, quindi trovo che l’evasione pura rappresenti nulla più che una resa ed un farsi da parte: per combattere i tempi, bisogna stare coscientemente all’interno di essi.
Non ti logora quindi che un gran numero di fan del metal restino fermi nel passato, in un era musicale che non potrà più ripetersi?
Ivar : No, per nulla. Sono molto concentrato nel gestire le mie cose e non voglio sprecare energie e tempo con il sentirmi frustrato da quello che fanno gli altri. Preferisco utilizzare le opportunità che ricevo (come questa intervista) per vedere se tutti noi possiamo trovare l’ispirazione ad agire ora, in questo esatto momento, per cambiare il nostro futuro invece di scappare nel passato. Il fatto che questa direzione del metal estremo non mi coinvolga significa semplicemente che non condivido il classico atteggiamento di chi scrive album del tipo: “Sono così triste nella cupa foresta, pensando a quanto sarebbe tosto vivere senza luce elettrica ed automobili”, e non che sono frustrato nei loro confronti. Non si sa mai, potrei sbagliare in tutte le mie ipotesi, per cui non presumo alcuna superiorità morale: il mio è solo un parere.
Mentre vi siete spostati nella direzione della musica rock, con canzoni come Nauthir Bleeding e Daylight non avete certo dimenticato le vostre radici. È una sfida difficile bilanciare la necessità di onorare musicalmente sia il vostro background che la spinta verso il progresso?
Ivar: È stata una grande sfida, ma è certamente una delle cose di cui siamo più soddisfatti nel nuovo album: sto migliorando sempre di più nello scrivere pezzi che uniscono le nostre radici con la sperimentazione e la melodia, ed in questo momento l’intera band è certamente al top. Non è una sfida aperta e consapevole, è solo la direzione verso cui stiamo correndo, ovvero la conservazione delle radici ed, allo stesso tempo, l’esplorazione del futuro. La sfida è nel tradurre queste intenzioni in suono, e questo obbiettivo può essere raggiunto solo attraverso il duro lavoro ed una quantità infinita di concerti haha!
Pensi che la globalizzazione abbia portato ad essere più aperti nell’esplorare diversi generi musicali ? Hai incontrato fan da situazioni o luoghi che non avresti mai visto nella metà degli anni ’90?
Grutle: Credo di sì, c’è una grande varietà di persone che godono della nostra musica rispetto a quando abbiamo iniziato. Tutto era diverso prima della nascita del world wide web… Mi mancano molto i tempi delle cassette e delle fanzine! Nei primi anni ’90 non avrei mai potuto immaginare che avrei suonato in India, Israele ed Australia, ma è successo. Il mondo non è più quello di una volta e la cosa ha entrambi lati positivi e negativi.
Durante i vostri viaggi – con la band o personali – vi piace fare shopping nei negozi di dischi usati?
Grutle: Certamente. Prima di mettermi in viaggio controllo sempre su internet quali sono i negozi di dischi più allettanti da visitare. Mi piace anche ritornarci: per esempio c’è un ottimo negozio a Pittsburgh che ho visitato sei volte dal 2009! Mi piace fare acquisti musicali negli Stati Uniti perché è molto più a buon mercato rispetto alla Norvegia ed all’Europa. È molto divertente visitare quei negozi che esistono da decenni: mi piace parlare con i vecchi proprietari, sono una razza unica! I miei migliori reperti, scovati mentre eravamo in tournée, sono probabilmente la prima edizione del MLP dei Mercyful Fate in un mercato di Marsiglia, e la prima edizione del doppio 7” Magical Mystery Tour dei Beatles in un mercato di Dublino.