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EINDHOVEN METAL MEETING

Effenaar | Eindhoven (NL) | 12/14 dicembre 2013

Si allarga a tre giornate il variegato festival olandese che, come di consueto, chiude la stagione dei concerti per me, instancabile nomade del metal. Quest’anno ho deciso di selezionare alcune bands imperdibili per seguiure integralmente i loro show, evitando di correre da un palco all’altro perdendomi i momenti migliori.

Tommy-Extrema

Il giovedì, che vede gli inossidabili Accept come headliners, scelgo di vedere due gruppi, iniziando dai nostri leggendari Extrema. Tommy & frends fanno parte della cerchia internazionale di “metal brothers” che include i vecchi fans della Bay Area, quindi dell’hardcore e del primo thrash. Bello rivederli sul palco dopo 25 anni, sempre pieni di entusiasmo e di calore spontaneo nei confronti del pubblico. Il loro sound incorpora ancora elementi che si sono oramai quasi completamente estinti nel metal contemporaneo, ovvero un’energia positiva che rappresenta ribellione, impegno sociale e solidarietà. Bravi ed esplicitamente felici di far parte di una line-up nutritissima di veterani. Seguono infatti i Death Angel, grande mito per chi è cresciuto con il metal della fine degli anni ’80, ancora saturo di spirito punk. Sono in gran forma e, anche se i loro album raccontano una storia già vissuta, è bello e doveroso presenziare al loro energetico live show. Fa piacere constatare l’ammirazione dei giovanissimi presenti nei loro confronti: scavando nella storia del metal estremo, il nome dei Death Angel è uno di quelli che non si possono ignorare.

Venerdì 13, giorno fortunato? La mia selezione privilegia: Deus Mortem, Deranged e Carpathian Forest. Da quello che avevo ascoltato dai lavori in studio, mi aspettavo molto di più dai primi: il loro black metal, dal vivo risulta troppo leggero e troppo poco originale, quasi irriconoscibile. Gli olandesi Entrapment fanno da ponte al mio prossimo show, e colpiscono per l’energia grezza e genuina di un death metal particolarmente incendiario che non tarda ad attizzare la folla partigiana. Mentre Morgoth e Belphegor si esibiscono sul palco principale, il brutal death degli svedesi Deranged apporta un’ulteriore dose di heaviness nella sala sponsorizzata da Jägermeister, soprattutto grazie al basso potente ed articolato di Andreas Johansson (conosciuto soprattutto per far parte di due superlative bands di avant-garde black metal come Stilla e Bergraven). Paradossalmente, visto il contenuto particolarmente sgradevole dei testi, divertono e si divertono, visto che si tratta della data conclusiva di un avventuroso tour europeo. La mia serata si conclude in bellezza con l’intero show dei Carpathian Forest, che oggi giorno presentano uno spettacolo godibile in cui il black metal degli inizi ha preso a tutti gli effetti le sembianze di uno scanzonato, irriverente e prevalentemente innocuo black‘n’roll. Divertenti da fotografare, con Nattefrost che mostra le gambe ed il deretano da sotto il saio da monachello birichino, sbandierando la sua decoratissima croce rovesciata ed un suggestivo cappio. Mentre i fans ritornano teenager, scatenandosi sulle parti più saltellanti, l’esibizione si avvicina al suo epilogo senza fare il botto, ed io mi avvio verso il mio accogliente hotel lasciando Watain e Brutal Truth a concludere questa seconda serata.

Finalmente arriva il sabato con una  serie di band di mio assoluto gradimento. Nel primo pomeriggio scelgo i veterani Deströyer 666 che, da buoni australiani di una volta, si presentano agghindati da metallari old-school, con tanto di tatuaggi, petto (e pancia) villoso esposto con orgoglio maschile ed un’abbondanza di pelle e borchie. Il loro black-thrash corrisponde perfettamente al look e mi lascia freddina: sicuramente avrebbero divertito di più nell’accogliente saletta underground. Dopo aver visitato la mostra delle installazioni di Jerome Siegelaer e Max Rovers (associate al bell’album di debutto di Selim Lemouchi & His Enemies) al Temporary Art Center, il mio grande appuntamento con la serata conclusiva dell’EMM inizia alle 20,30 con i mega-fantastici Arcturus!

Arctur5

Veri e propri miti per chi ama l’avant black metal, le supertars norvegesi hanno fatto parte di band seminali come Ved Bues Ende, Ulver, Mayhem, Emperor, e Troll: è bello vedere il favoloso batterista Hellhammer, il bravissimo vocalist ICS Vortex, il simpatico e sorridente (ubriachissimo) chitarrista Knut Magne Valle, il sornione tastierista Sverd ed il bassista Skoll sotto le insegne di quell’incredibile arca spaziale che è Arcturus. Accattivante come sempre il loro look, tra folli naufraghi del cosmo e guerrieri/giullari medievali, a completare uno spettacolo assolutamente privo di artificialità. A questo gruppo basta e avanza presentare la loro musica, oramai maturata come un cognac sopraffino, con la spontaneità e l’autoironia che li contraddistingue. Il sound è avvolgente, emozionante e – pur essendo lontano dalla perfezione di certi acts consumati – coinvolge in maniera viscerale, nonostante il brillo Knut incontri inevitabilmente alcuni problemi tecnici. Sui volti dei fans stipati nella grande sala principale, si stampa sin dalle prime note un largo sorriso di pura felicità che non ci lascerà per un solo istante, nemmeno durante le parti più stupefacenti del loro pazzesco repertorio: si canta all’unisono le splendide liriche e si risponde con entusiasmo ai grati apprezzamenti di ICS Vortex e di Knut. Bellissimo l’intervento sul palco di un’esotica danzatrice del ventre, ma sinceramente questa è una band che, con la sua complessità melodica, riuscirebbe ad emozionare e stupire anche se suonasse occultata da un sipario nero. Se decidete di intraprendere un viaggio avventuroso ed indimenticabile nel cosmo, chiedete un passaggio ad Arcturus!

La scaletta continua a regalare momenti intensi, con la furia fustigatrice degli Impaled Nazarene che scatenano una terrificante tempesta distruttrice nella sala piccola. Segue l’attesissimo show dei Nargaroth, il cui palco è decorato da bandiere medievali e stendardi neri con le scritte Semper Fidelis (dall’album del 2007) e German Black Metal Commando. Il leader Ash, un altro quarantenne che sa il fatto suo, si presenta con passamontagna, pantaloni in pelle nera, pistola nella fondina ed un gran pugnale infilato negli stivaloni: il suo carismatico rituale sprigiona immediatamente un pathos che avvince ed intriga, mentre il maelstrom di un black metal marziale e teutonico innalza subito lo spettacolo su livelli vertiginosi. Abbandonato il passamontagna, Ash scioglie i lunghi capelli e rivela il volto dipinto di bianco e gli occhi cerchiati di nero, e un o sgiardo che trafigge uno ad uno tutti i fans delle prime file. E quando brandisce il pugnale, innalzandolo al cielo per consolidare e celebrare il suo personale patto eterno, la precezione è quella di un antico cavaliere apparso dalle nebbie di tempi oramai perduti. Convivono perfettamente nel suo duplice personaggio di guerriero sia l’anima nera del combattente contemporaneo che quella del nobile cavaliere medievale, ed è quest’ultimo ad inchinarsi graziosamente al finale ipnotizzante di un concerto memorabile.

E si arriva così all’apice della serata e del festival, con l’esibizione dei nostri grandissimi, leggendari Aborym. Fabban arriva sul palco accompagnato dai fidi amici Paolo Pieri e Giulio Moschini (chitarristi degli Hour of Penance) ed il bravissimo Lorenzo Zarone al basso (purtroppo Bard Eithun non ha potuto partecipare al tour per via dei prossimi impegni con gli Emperor). Indaffarato con i preparativi non rinuncia a salutare personalmente i fedeli accorsi al cospetto di una delle bands più rispettate in ambito avant/industrial BM. La scaletta purtroppo copre solo 50 minuti, ma è ben calibrata e mira dritta al cuore. L’uso della drum-machine non pregiudica per nulla i livelli di raw energy sul palco, anzi, lo show risulta assolutamente genuino, intenso, stracolmo di “raw power” (omaggio all’idolo di Fabban, un certo Iggy) e maturo. Tracce tratte dallo stellare album Dirty si alternano all’accattivante cover di Terrible Lies dei Nine Inch Nails, mentre le storiche Fire Walk with Us e Roma Divina Urbs (particolarmente belli i visuals che accompagnano quest’ultima) sono assolutamente devastanti e mi fanno rimpiangere ancora una volta di non aver mai avuto l’occasione di vedere in passato le loro rare esibizioni. Ma è il presente a rifulgere senza se e senza ma per gli Aborym ai quail auguriamo di godersi il meritato successo internazionale di Dirty, e di ritornare presto con le loro folli scorrerie nei territori più scomodi ed appassionatamente liberi del rock/metal D.O.C. Gli Aborym salutano i fans dell’EMM e resta solo Fabban sul palco, inginocchiato a terra ad orchestrare un’ultima dose di visuals per offrire un’ulteriore chiave di lettura ad un progetto multimediale curato con vera passione e maestria. Proud!

MYSTERY FLAME

Aborym3

 

 

 

 

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