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Treviso | Home Festival | 1 settembre
La band inglese si presenta sul palco con mezz’ora di ritardo sulla timetable: sono le 23 in punto, invece che le 22.30 annunciate sui social, quando Tom Smith e company iniziano a macinare la loro musica. Prima di loro hanno suonato i Ministri e i Cani, che, francamente, hanno procurato tanti sbadigli al sottoscritto e a parecchi altri spettatori. Con gli Editors si cambia registro, e il numeroso pubblico si presenta caloroso e assetato di buona musica. La line-up, pentagonale, consta di Tom Smith (voce, chitarra, pianoforte, sintetizzatori), Russell Leetch (basso, chitarra acustica, sintetizzatori, backing vocals), Edward Lay (batteria), Justin Lockey (chitarra, sintetizzatori) e Elliott Williams (chitarra, pianoforte, sintetizzatori, backing vocals). La spina dorsale della band è composta da quell’animale da palcoscenico che è Tom Smith, capace di (in)cantare con la sua profonda voce soul, e pure di destreggiarsi tra chitarre e piano, e da Russell Leetch, che è un signor bassista e protagonista principale dei cori. Il sound degli inglesi sintetizza alla perfezione la lezione post punk dei Joy Division con il miglior distillato del ritorno ‘nu wave’ degli ultimi tre lustri, risultando più efficace, alla prova del palco, rispetto ai vari Interpol, White Rose Movement e Bloc Party. I cinque sono una band coesa, ci mettono l’anima, sono tecnicamente ineccepibili e il pubblico dimostra di saper apprezzare la proposta che ne vien fuori. Anche l’acustica, tarata maluccio durante i live dei summenzionati act italiani, non mostra alcuna sbavatura: sound compatto, caldo, senza distorsioni. Smokers Outside The Hospital Doors si conferma come quel capolavoro barocco, risalente al secondo disco, che non sono più riusciti a bissare, con le sue alternanze tra pianissimo e fortissimo. Munich è l’anthem che li fece conoscere al mondo e che rimane, a tutt’oggi, un riempipista garantito nei club alternativi: la gente si mette a ballare e l’atmosfera si scalda. Scende qualche goccia di pioggia, che rende Ocean Of Night più struggente dell’originale. Papillon, che viene presentata in versione dilatata di oltre sei minuti, è un altro climax stellare, con le sue ritmiche future-pop tra Covenant e VNV Nation, un classico oramai della costellazione electro-dark. Chiudono la loro performance con Marching Orders, regalando settanta minuti di musica tirata e dall’elevato impatto emozionale. Menzione finale per l’Home Festival”, che con gli anni sta crescendo sempre di più, sia a livello di contenuti che a livello di numeri, e che si conferma come un appuntamento irrinunciabile per qualsiasi amante della buona musica.
Emanuele Salvini