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DIAMANDA GALAS

DIAMANDA GALAS

Bologna | Teatro Manzoni  | 11 marzo

Diamanda regala a Bologna un concerto denso di pathos, affrontando con la sua voce incredibile i temi a lei più cari. Mentre ascoltavo tanta grazia, mi venivano in mente le ridicole accuse di satanismo rivolte a chi oggi ha la purezza di intonare salmi e saperne coniugare perfettamente il senso al cupo dramma della contemporaneità.

Schierarsi senza compromessi dalla parte dei più deboli, delle minoranze di ogni credo e stato, degli emarginati, dei caduti, dei differenti. In questo sì, luciferina: accendere una luce nel profondo del pozzo più buio dell’umanità e cantarne i resti, denunciarne la lucida visione. Il genocidio degli Armeni, le vittime dell’AIDS, la mercificazione del decadentismo della società capitalistica, la violenza dei media.

Muovendosi con grazia quasi innaturale, cantando dell’assenza della luce attraverso i Salmi biblici, Tristan Corbiére, Baudelaire; rilevando la tragedia greca e vibrandone i cori nella propria gola.

Sorprende ogni volta la purezza d’intenti, la schietta, onesta, l’altissima arte, profondità culturale, letteraria, sociale e intellettuale di Diamanda.

La sua stirpe è quella delle grandi voci dell’Opera, la Callas su tutte. Ma come cantare della bellezza con la consapevolezza della contemporaneità se non attraverso la più sacra delle perversioni? Quale la speranza del bello? Come la carne macellata di Francis Bacon, come il suo Papa Innocenzo in liquefazione e putredine la voce di Diamanda, come ama ricordare ella stessa, è una benedizione per i puri di cuore e una maledizione per i suoi nemici. Gli ignoranti, affetti dalla malattia più incurabile.

Supplica a una madre di Pier Paolo Pasolini, originariamente inclusa in Maledictions and Prayers, muove alle lacrime molti nell’affollato teatro: non solo tecnica vocale immensa. Canto armonico, estensione vocale quasi soprannaturale, capacità interpretative uniche.

Il blues di Gloomy Sunday respirato, vissuto, pianto e maledetto sino al gemere dello Steinway, vomitato come solo il compianto Capitan Cuoredibue seppe cantare.

Che altro dire? Arte, letteratura, poesia, teatro, musica, psicanalisi inoculate nel più grande talento vocale a memoria d’uomo.

In fondo ho sempre pensato che la regina Uta fosse infinitamente più bella e seducente di Biancaneve.

Massimo Marchini

ph Cesare Veronesi

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