DESTINATION MORGUE IX
| Industrial Music Culture in Rome | Roma, Spazio Ebbro| 5-6 febbraio
Particolarmente ricca ed invitante questa nona edizione del Destination Morgue (curata dai provvidi organizzatori di Butcher’s House Prod. & Stahlwerk Radio), kermesse di musica non convenzionale di stanza nella città eterna. Sul palco di Spazio Ebbro s’è esibita una compagine di otto formazioni equamente distribuite nelle due serate del 5 e del 6 Febbraio, attori di un programma ben tornito e ‘cementato’ dalla presenza di un paio di vecchie glorie come Sshe Retina Stimulants e i redivivi LAShTAL. L’apertura del festival è appannaggio dei misconosciuti BALANCE, nuovo progetto di Luciano Lamanna e Davide Ricci. La prima cosa a colpire è l’equipaggiamento impiegato dal duo nel corso della performance, caratterizzato da un sistema di synth modulari d’altri tempi, macchine di antica, meravigliosa concezione dotate di un colore timbrico caldo e potentissimo. La comparsa di questi dinosauri analogici è stata la prima piacevole sorpresa della rassegna, una scelta di campo peraltro ben riposta nelle mani dei catartici Balance, autori di una prestazione davvero ragguardevole e pregnante, carica di richiami ai paladini della scuola elettronica tedesca quali Faust, Cluster, Conrad Schnitzler… Circa mezz’ora di scorribande auricolari macinate sul fronte della concrete/cosmic music dell’improvvisazione/sperimentazione più visionaria e abbacinante. Li si tenga d’occhio.
Giusto il tempo di guadagnare la ribalta, che le ‘fanfare’ dei marmorei CARNERA (appellativo che onora la memoria del grande pugile e supercampione degli anni ’30 Primo Carnera) svettano fiere in posizione d’avanguardia. A prodigarsi in trincea sono il carismatico Giovanni “Leo” Leonardi (Siegfried) e l’insigne architetto del suono Yvan Battaglia (LCHM), oltre che Monica Gasparotto alle proiezioni video. Infilano un’esibizione granitica e cristallina ad un tempo, alimentata da metriche quadrate e marziali, da sonorità dure come il diamante più puro. Come già palesato nel primo ed unico manifesto discografico Strategia Della Tensione, nelle loro molecole c’è la scienza della concatenazione ritmica calcolata al millesimo di secondo, la nozione plastica della pulsazione e della costruzione armonica sublimizzata ad arte, l’urgenza ieratica del proclama apodittico che scuote le coscienze e muove all’idea di creazione autoctona, se non autarchica. Un brano quale Elettromeccanica Italica si qualifica da solo, suggerisce un ritrovato orgoglio identitario nel gesto creativo. L’estetica della potenza che poggia sulle geometrie spettacolari delle concrezioni elettroniche scientemente ordite, frecce volanti di una volontà d’intenti che in sede live va dritto a destinazione. All’insegna di un sistema sinergico magistralmente organizzato.
Cambio di scena: le luci si abbassano fin quasi a spegnersi e a stringersi in un impercettibile lume di candela, quattro figure occupano il palcoscenico per disporsi nelle rispettive postazioni assegnate. Al proscenio riconosciamo brother Alex Papa e brother Marcello Fraioli (Ain Soph, Spectre…), spalleggiati in retroguardia da brother ClauDEDI (Ain Soph, Circus Joy, Malato…) e brother Gabriel (Dolpo). Sono gli officianti designati del concistoro che andrà ad esibirsi sotto le insegne NEW PROCESSEAN ORDER, collettivo di forte connotazione esoterica che trae ispirazione da The Process Church of the Final Judgment, organizzazione religiosa fondata ai tempi da Robert e Mary Anne DeGrimston. I musicisti vengono presto raggiunti da un quinto elemento, sister Gloria Bazzocchi, per un’apparizione fugace che dà il via alla messa magico-sacrale congegnata dai Nostri secondo uno schema liturgico conforme ai percorsi dottrinari dell’ordine degrimstoniano . Ciò che prende consistenza è una sorta di cerimonia iniziatica officiata al suono di suggestivi strumenti rituali (fra cui gli immancabili femori tibetani) e dei sample ‘ambientali’ che pulsano sullo sfondo, fra nuclei di rimiche fluttuanti e le corde elettrificate fatte vibrare a tempo debito. Si resta come avvinti in una spirale incantatoria di emozioni arcane e di atmosfere chiesastiche, di energie spirituali invocate attraverso un formulario in codice proferito dall’orante in azione. Il pubblico segue in raccoglimento lo svolgersi della funzione ‘alchemica’ che si snoda secondo una sequenza logica (archetipica) di gesti taumaturgico-purificatori (non senza speziati risvolti psichedelici), sino al mantra corale deputato a chiudere il cerchio della seducente performance neoprocessiana, la prima in veste ufficiale per un battesimo del fuoco ottemperato con tutti i crismi del caso.
Se il ricettacolo del New Processean Order è tutto imperniato sui fondamentali teosofici legati ai quattro Sommi Archetipi (Jehovah, Cristo, Lucifero e Satana), il bagaglio gnoseologico di MARE DI DIRAC (Lorenzo Abattoir aka Nascitari e Luca Poseitrone) si consacra al culto della terra e alle tesi della fisica quantistica applicata alle dinamiche del suono. Il loro athanor comprende un assortimento di strumenti naturali e tradizionali e sorgenti di elettroniche analogiche. Si sono prestati carponi sul tappeto sonoro da essi annodato attraverso i rumori dell’universo e del tempo. L’originalità è senza dubbio il requisito primo di questi misteriosi facitori di mandala acustici per la liberazione della mente.
A dare il via alle danze per la seconda serata del Destination Morgue IX è SVART1 (al secolo Raimondo Gaviano), giunto dalla terra di Sardegna armato di potenti generatori elettronici e lucida determinazione. La sua prestazione si è fatta onore cavalcando le vertigini del noise affetta-cervelli e del drone più viscerale e corrosivo, le chimiche di una grey area ‘isolazionista’ pervasa da gelide correnti siderali e tagli di frequenza che scheggiano da un polo all’altro del vortice propulsivo. Un mordi e fuggi che ha lasciato il segno.
Inserita quasi in continuità fisiologica con la tempesta metasonica di Svart1, la sessione di SHE SPREAD SORROW (alias Alice Kundalini) rappresenta l’anima più smaccatamente post-industriale della rassegna, manipolatrice agguerrita del power electronics in senso classico, memore cioè delle lezioni ottantine di maestri come SPK e T.G. La giovane artista è brava nel conferire nerbo alle sue devastazioni siderurgiche che imperversano nei gironi della tortura psicologica e dell’assalto sferragliante. Dell’emozione che soffoca l’emozione a colpi di adrenalina e fitte di terrore ‘sinaptico’ mai finito.
Arriviamo così al momento tanto atteso. Il ritorno a sorpresa dei leggendari ed enigmatici LAShTAL (già alla corte della Nekrophile Rekords di Michael DeWitt/Zero Kama) costituisce idealmente il fiore all’occhiello dell’appuntamento festivaliero in parola, per l’occasione affiancati da Trevor della Camerata Mediolanense nel ruolo di vocalist e frontman carismatico. Il trio sfodera una lunga, amplissima traccia di nuova composizione che si dipana nel solco della narrazione elettronica a sfondo mistico-rituale, con ingegnosi excursus nelle dimensioni ‘krauteggianti’ della musica cosmica e del motorik ipnotico. Ma il loro cuore batte ancora nel mondo dell’occulto e delle dottrine ermetiche, nelle pieghe della meditazione trascendente che guarda perennemente al conseguimento dell’opus alchemico e che sul piano della scrittura musicale si enuclea nella forma del gesto divinatorio intriso di afflati misteriosofici ed impulsi di energie sottili, psichiche. Tali le proiezioni onirico-uditive dispensate dai Nostri per questa gradita rimpatriata sotto i riflettori appropriatissimi del Destination Morgue.
Il gran finale del festival spetta a SSHE RETINA STIMULANTS, creatura personale di P.NG5361.B aka Paolo Bandera (Sigillum S). Per lui si spalancano gli abissi del power noise e della sperimentazione avanguardistica mai doma. Il suo approccio al paramusicale ha la crudezza psicotica dell’angelo sterminatore che fa tabula rasa su tutto ciò che incontra, corpi solidi triturati da implacabili strategie d’attacco e blitz ipertronici innescati sui bottoni di apparati strumentali sofisticati e micidiali come non mai. L’estremizzazione dell’estremo fatta scattare dai congegni di una furia implacabile, da sincopi, sibili e stridori lobotomici che sfrecciano e crivellano lo spazio sonoro senza soluzione di continuità, iniettata di forze centripete e centrifughe governate in sincrono matematico, di onde alfa che squarciano l’aria ed annunciano l’avvento di un’apocalisse prossima ventura. Un’allegoria il cui sol pensiero basta già a far tremare i polsi. Ma all’arte dei rumori non si comanda.
Aldo Chimenti