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cover story: FLAMING LIPS

 

 

A big party in outer space

La vita è caso/ Natale su Marte

 

Se c’è vita su Marte? Chiunque abbia avuto la ventura di assistere a un’esibizione dei Flaming Lips è plausibile si sia dato personale risposta e relativa pacificazione d’animo. La vita aliena è di certo spersa da qualche parte (oops!, probabilmente qui), qualcosa che accade più che un’astrazione teorica, appunto un’ininterrotta concatenazione bioenergetica che dal lato in ombra della luna, sulla scia iridescente di polvere stellare, facilmente finisce per collocarsi sulla Terra, che, si perdoni il calembour, potrebbe pur essere un pied-à-terre (più che una dépendance!) per organismi senzienti dallo spazio profondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A questo genere di riflessioni porta una maledetta esibizione di Coyne & Soci, e a tutto ciò che attiene l’ambito di un momentaneo squarcio nella trama della ragione; diciamo dalle parti di Castaneda e Don Juan, per quanti ancora dormono con un po’ di mistero sotto il cuscino.
Sta di fatto, su Wayne Coyne (Pittsburgh, 1961), e le sue Labbra Fiammanti, si raggruma tutto un immaginario fungino e umbratile, viscido e ctonio, che costituisce la parte più interessante (leggi conturbante), la più spettacolare, ma anche la meno consensuale, del moderno calderone rock; un ambito di modernità iperfuturibile, che ostinatamente sprofonda le radici in un passato ancestrale. Ça va sans dire, il passato eternamente presente di un futuro già trascorso.
(“Questo è veramente morire… un attimo stai cucinando per un’ordinazione di French fries e l’attimo dopo stai disteso sul pavimento e loro ti fanno schizzare via il cervello. Non c’è musica, non c’è significato… solo casualità”. Wayne Coyne su una rapina subita, Wikipedia.) … Su Rockerilla di Aprile l’articolo completo e la recensione di The Terror Bella Union di Gioele Valenti.

A big party in outer space

La vita è caso/ Natale su Marte

Se c’è vita su Marte? Chiunque abbia avuto la ventura di assistere a un’esibizione dei Flaming Lips è plausibile si sia dato personale risposta e relativa pacificazione d’animo. La vita aliena è di certo spersa da qualche parte (oops!, probabilmente qui), qualcosa che accade più che un’astrazione teorica, appunto un’ininterrotta concatenazione bioenergetica che dal lato in ombra della luna, sulla scia iridescente di polvere stellare, facilmente finisce per collocarsi sulla Terra, che, si perdoni il calembour, potrebbe pur essere un pied-à-terre (più che una dépendance!) per organismi senzienti dallo spazio profondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A questo genere di riflessioni porta una maledetta esibizione di Coyne & Soci, e a tutto ciò che attiene l’ambito di un momentaneo squarcio nella trama della ragione; diciamo dalle parti di Castaneda e Don Juan, per quanti ancora dormono con un po’ di mistero sotto il cuscino.
Sta di fatto, su Wayne Coyne (Pittsburgh, 1961), e le sue Labbra Fiammanti, si raggruma tutto un immaginario fungino e umbratile, viscido e ctonio, che costituisce la parte più interessante (leggi conturbante), la più spettacolare, ma anche la meno consensuale, del moderno calderone rock; un ambito di modernità iperfuturibile, che ostinatamente sprofonda le radici in un passato ancestrale. Ça va sans dire, il passato eternamente presente di un futuro già trascorso.
(“Questo è veramente morire… un attimo stai cucinando per un’ordinazione di French fries e l’attimo dopo stai disteso sul pavimento e loro ti fanno schizzare via il cervello. Non c’è musica, non c’è significato… solo casualità”. Wayne Coyne su una rapina subita, Wikipedia.) … Su Rockerilla di Aprile l’articolo completo e la recensione di The Terror Bella Union di Gioele Valenti.

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