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C’ERA UNA VOLTA IN ANATOLIA

di Nuri Bilge Ceylan

Turchia-Bosnia 2011

 

I pochi film Turchi cui ho avuto la fortuna di assistere mi hanno sempre trasmesso profondità, emozioni e compostezza; non fa eccezione questa produzione che al festival di Cannes 2011 ha riscosso il premio speciale della Giuria.

Penalizzati da una distribuzione sempre più cieca, ma per fortuna valorizzati da imprenditori cinematografici coraggiosi e da festival quanto mai essenziali (Locarno, San Sebastian…) i film non americani faticano ad imporsi ma quando riescono ad arrivare in sala il momento è solenne e va celebrato, come nel caso dell’ultimo lavoro di Ceylan, che richiede una attenta visione per 150 minuti, con momenti spesso bui, poco comprensibili e che lasciano aperto più di un interrogativo, ma che riescono a trascinare lo spettatore in una realtà tanto lontano dalla propria quanto vera e sentita.

Nell’oscurità della notte, tra le colline intensamente desolate dell’Anatolia, un commissario e i suoi poliziotti conducono in auto due pregiudicati nel tentativo di ricostruire l’omicidio da loro commesso,  vagano alla ricerca del luogo del delitto e del cadavere avendo come unico punto di riferimento un albero e una collina.

Dopo il ritrovamento, si passa non senza sollievo, alla luce del giorno in cui al centro della vicenda è l’autopsia e la figura del medico; in precedenza lo svolgimento si sofferma maggiormente sul commissario e sul procuratore, rispettivamente.

Cura dei dettagli, tempi assai lunghi, silenzi, dialoghi con molte pause, tutti elementi che permettono alla nostra mente di trarre considerazioni, congetture, nonché stimolo per intuizioni e assoluto godimento di uno scenario assai poco convenzionale quanto affascinante.

Non del tutto chiaro forse lo svolgersi della vicenda, ma capace di lasciare un segno in tutti coloro che avranno il coraggio e il dovere di avvicinarsi a questo film, emblema di una cinematografia che fa difesa e incoraggiata.

Fabio Vergani

 

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