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BJORK A BOLOGNA

Björk

Partito nell’ormai lontano 2018, subito dopo l’Utopia Tour, di cui è diventato una sorta di prosecuzione, potenziata da un enorme apparato scenico-visuale, Cornucopia ha ripreso il cammino.  Con la nuova versione dello spettacolo, sospeso due anni a causa della pandemia e arricchito dei nuovi brani tratti dall’album Fossora, pubblicato lo scorso anno, Björk torna in Italia a cinque anni di distanza dall’ultimo concerto alle Terme di Caracalla di Roma.

Il mondo di Cornucopia va in scena a Bologna in una Unipol Arena allestita come un teatro, con i posti a sedere anche in platea. E di teatro musicale, infatti, si tratta. O, almeno, questa è la percezione che dà. Non solo per la presenza di una vera e propria regista, Lucrecia Martel. Immersa in una scenografia cangiante, modellata da video e immagini tridimensionali, e accompagnata dal settetto di flauti Vibra, un percussionista, un’ arpista e dall’elettronica di Bergur Porisson, la cantante islandese racconta il suo universo naturalista, la sua utopia. Un messaggio a tratti un po’ conformista, sigillato dal lungo saluto/monito di Greta Thunberg proiettato all’inizio del bis, ma calato in un universo da sogno.

Senza nessuna concessione alle hit, Björk lascia poco spazio ai ricordi. Rivendicando il suo status di artista, inserisce in scaletta quasi unicamente brani tratti da Utopia e da Fossora (15 su un totale di 20), riarrangiando gli altri cinque (tra cui una affascinante rielaborazione di Isobel, da Post) in base alle necessità dello spettacolo e alla strumentazione impiegata. Che comprende strumenti sperimentali assai curiosi, tra cui un flauto circolare per quattro esecutori, percussioni ad acqua e perfino una “camera di riverbero”. Nel mondo di Cornucopia sonorità elettroniche e acustiche si fondono alla perfezione e gli strumenti musicali, così come i loro esecutori, diventano essi stessi elementi di scena, interagendo con la musica che producono.L’effetto è piacevolmente straniante. Almeno per chi ha avuto modo di apprezzare il nuovo volto dell’artista di Reykjavik. Già, perchè all’uscita del palazzetto, dalle parole percepite qua e là, si ha l’impressione che non erano pochi ad aspettarsi qualcosa di più “pop”. Chi era arrivato a Bologna pensando di rivivere gli anni ’90 ascoltando per l’ennesima volta nella sua vita Army of Me non ha avuto pane per i suoi denti. Ed è giusto così, sebbene il rammarico degli sprovveduti avventori sia giustificabile: la doppia dimensione in cui si è sempre mossa  Björk, in bilico tra arte e popular culture, ha i suoi pro e i suoi contro. Quando uno spettacolo così impegnativo richiama un pubblico che non ha voglia di impegnarsi (senza, per carità, che ciò rappresenti un demerito) qualche black out comunicativo è comprensibile.
Daniele Follero

Unipol Arena – Bologna
23 Settembre 2023


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