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BAUSTELLE

Elvis BMG

Dopo gli album solisti di Bianconi e Bastreghi, i Baustelle sono tornati scientemente a una dimensione più corale e collettiva di scrittura, a suonare insieme in sala prove e a comporre in jam session anche con i nuovi musicisti che li accompagnano, ovvero Lorenzo Fornabaio alle chitarre, Milo Scaglioni (basso e chitarra) e Alberto Bazzoli (Hammond e piano). Così, se i testi sono quasi tutti del solo Bianconi, la musica è firmata non solo dal frontman, o dalla coppia Bianconi-Bastreghi, ma a volte anche da Brasini e da questi nuovi compagni di viaggio; completa la formazione nel disco e live anche Julie Ant (batteria e percussioni). Nell’album è presente, inoltre, una sezione fiati composta da Giovanni Sgorbati, Alessandro Marzetti e Pietro Lupo Selvini. E in effetti questo album dal titolo programmaticamente “rock’n’roll”, ispirato qui e lì al glam rock anni ’70, a molti nomi come Rolling Stones, David Bowie, T Rex, Bryan Ferry, Lou Reed e alla black music, appare più “suonato”, rock e meno “sintetico” del solito: si ascoltano così chitarre elettriche robuste e appunto in odore di glam (o persino con assoli à la Brian May), cenni di gospel (con i cori presenti in più pezzi, fino alla preghiera che conclude Il regno dei cieli con gli amici Andrea Poggio, Lucio Corsi, i Coma Cose, Antonio di Martino, Clauscalmo, Galea, Laila Al Habash e Angelo Trabace), bassi sinuosi molto ‘70s, ritmi scintillanti, ritornelli (più) efficaci (di varie strofe), ballate (forse un po’ troppo) morbidamente soul, orchestrazioni di fiati beatlesiane, sprazzi di shuffle rock, scanzonato piano rock’n’roll, archi, sax cinematici e persino un’armonica a bocca folk. 

Tuttavia non si può parlare propriamente di novità: se le sonorità mantengono comunque quel sapore nostalgico e spesso piuttosto pomposo e melodrammatico, che è stato spesso la cifra stilistica della band, ancora più baustelliani sono i temi, come i classici manifesti del disincanto (“Vivo di potere e sangue come te / Mi piace uccidere, mentire, aver successo”, in Contro il mondo), la decadenza e il “crollo della civiltà”, o le frecciatine politiche a chi si lamenta della crisi della sinistra, espresse con il dubbio “Che vuoto ci governerà?”, con l’insofferenza divertita del verso “I dittatori, gli amanti e tutti i cantanti non li sopporto più”, o con la celebrazione di Milano che “Da sola contro il mondo di fascismo e squallore sta”, in Milano è la metafora dell’amore, che comunque hanno ripetutamente precisato che non voleva essere l’inno del PD di Sala. Ancora, nei versi ci sono il nichilismo e l’antidoto dell’amore come resistenza, così come altri pseudo-rimedi per “non vedere il vuoto mai / dentro di noi” (Andiamo ai rave, in cui agli animali selvatici non omologati, con glitter e pellicce migliori, si contrappone la giungla urbana degli eventi, della FOMO e della cultura dello sballo), tra sesso, farmaci, feste in spiaggia, concerti, “farsi di yoga e qualche droga”, o credere nel regno dei cieli.  Alla lunga galleria di personaggi ai margini della società, come Sergio o Il corvo Joe, si aggiunge la drag queen Jackie, così come si collezionano ancora una volta sogni patinati impossibili e scenari di chic degradato come il “Gran Brianza Asso di cuori Stripping Club”, dato che questo disco sarebbe dovuto essere un concept su tanti piccoli Elvis mancati di provincia o di città, oppure ancora si cantano frammenti di ordinaria disperazione e morte, come il suicidio della drammatica traccia finale, Cuore, un brano ispirato a un caso di cronaca locale e che piacerà a chi ama i Baustelle più delicati e dall’intensità più minimale. 
Il gradimento dell’album dipende da cosa segna il termometro della baustellefilia: se non sale e non si li è mai amati, difficilmente forse si rimarrà sconvolti da questo disco; se li si ascolta guardinghi, si noteranno gli elementi di continuità per bollarlo come il classico disco dei Baustelle. Se si è affascinati dal loro inconfondibile mix di pop-rock e allure intellettuale (d’altronde alcuni spunti sono tratti ad es. da Louise Glück, Franco Loi e Valerio Magrelli), si apprezzeranno i brani più riusciti, le tante melodie convincenti e i tocchi glam di questo lavoro, grandiosamente agrodolce; se si ha la febbre baustelliana a 40°, si applaudirà finalmente all’atteso ritorno. Ambrosia J. S. Imbornone

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