ARLO BIGAZZI/CHIARA CAPPELLI – MAJAKOVSKIJ! SPECIAL VERSION
23 Ottobre 2021 – Teatro Comunale – Cavriglia (Ar)
Il cielo è sopraffatto di stelle, il loro furioso irraggiare di nero la notte nel Valdarno rende inutile la potenza del fascio di luce sparato dai fari abbaglianti che tentano di illuminare un tortuoso percorso che curva dopo curva, dovrebbe condurre in una piccola piazza intitolata ad un grande uomo. Cavriglia: segna il cartello che la notte tenta di sradicare dal fianco della strada, Cavriglia e la sua piccola Piazza Berlinguer, immersa nel silenzio assoluto del primo freddo di fine autunno, custodita dallo sguardo immobile di una gigantesca maschera in marmo posta a controllare il fluire del tempo in un angolo di Toscana immersa nella lucentezza delle mille stelle che furiosamente illuminano di nero la notte.
Ma di questo non ne parleremo.
Con la vista offuscata dal bagliore dell’elettricità, saliamo le scale del Teatro Comunale percependo subito una strana, sconosciuta sensazione di benessere donata dalla presenza di donne e uomini che stranamente accolgono, avvolgono, quasi proteggono con la grazia dei loro sorrisi, chi giunge da terre devastate, luoghi nei quali ci si rintana nella propria safe zone per evitare il contatto con il proprio simile ormai non più tale. L’invisibile cartello appeso alla parete indica la presenza di una Comunità, una realtà dimenticata dai più, una organizzazione sociale nella quale tutti aiutano e condividono con tutti. Una safe zone molto allargata e senza mura nella quale tutti si conoscono, dove si distribuisce cultura abbattendo l’inconsapevolezza dilagante oltre i confini della valle stellata.
Ma di questo non ne parleremo.
Buio in sala, si apre il sipario e il glorioso prologo da lungo tempo atteso inizia a diffondersi nella sala, al pari dell’odore penetrante dei fiori destinati a morire accompagnando il Poeta di Ferro alla sua ultima dimora. Anni di attesa, massacrati da una pandemia che lo aveva bloccato rinchiudendolo in quella prigione da lui molto frequentata in gioventù, finalmente esplodeva in tutta la sua potenza, tanto che bastano solo pochi minuti per inchiodare sulla poltrona tutti i visionari ospiti del teatro.
Ma di questo non ne parleremo.
Una folle idea, direbbe un’antica divina: inserire ciò che il poeta russo Влади́мир Влади́мирович Маяко́вский (lo scriviamo nella sua lingua originale che fa più scena, visto che anche di teatro si sta parlando) ha detto e scritto, in un testo moderno creato appositamente per essere musicato e proposto sul palco. Non le solite trite e malandate rappresentazioni rivoluzionarie, da ultima trincea proletaria ma qualcosa di assolutamente poetico e incredibilmente umano, che riesce a commuovere creando empatia e una dose sconfinata di amore per un poeta da sempre visto come ultimo combattente sulle barricate. Artefici di questa rappresentazione, un instancabile Arlo Bigazzi, musicista e produttore nonché fondatore con il fratello Giampiero della Materiali Sonori, forse l’ultima delle vere etichette discografiche indipendenti ancora attive in Italia e Chiara Cappelli, stupefacente dal potere oppiaceo, attrice e perfomer capace di tenere il palco per oltre due ore senza che la stanchezza giunga a dominarla o domini noi che esterrefatti da tanta bravura, la seguiamo ad occhi spalancati.
Ma di questo non ne parleremo.
Iniziamo quindi a seguire questo racconto di vita, lo facciamo ricordando le varie tappe del disco che la racchiude e ora viene finalmente interpretato dal vivo. Una vita intera dedicata alla visione di un sogno di libertà culminato con la Rivoluzione ma di certo non esauritosi con essa. La tenacia, la visionarietá, l’amicizia, l’amore, una percezione incredibilmente realistica del futuro, tutto questo e molto molto altro nei monologhi divinamente interpretati dalla Cappelli.
Ma di questo non ne parleremo.
C’è dell’altro però e non è un “dell’altro” da poco visto che si materializza in Musica suonata da un numeroso ensamble di sapienti che escono e riappaiono sul palco donando pathos ad un racconto di per sé già notevole. Mirio Cosottini tromba, Michele Marini sax, Stefano Battelli tuba, Lorenzo Boscucci electronics, Lorenzo “Moka” Tommasini tastiere, Stefano Donato armonica, Marco Furelli chitarra, Gianluca Greco chitarra, Letizia Bonchi violino, Chiara Cappelli theremin, Arlo Bigazzi Basso. Cos’è il suono se non l’espressione di quanto il nostro animo in quel momento percepisce e fatica ad esprimere. Questa la missione dei numerosi musicisti presenti sul palco, capaci di definire in modo magistrale la scrittura di un racconto apparentemente solo teatrale, aggiungendo poesia a poesia. Ad ogni episodio corrisponde un “paesaggio sonoro” di estrema e complicata fattura, capace di richiedere perizia nell’esecuzione corale che alla fine risulta sempre di facile ascolto, pur nascondendo strutture sonore per nulla scontate. Molte le influenze che pervadono il nostro seguire le orme di Majak in terra russa, un ascolto come già detto “facile” che diversamente, se composto con i canoni della cattedratica contemporaneità, avrebbe donato assoluta pesantezza e inadeguatezza al tutto, rendendo lo spettacolo la solita ciclica e vetusta celebrazione dell’eroe russo.
Ma di questo non ne parleremo.
Esiste un’Italia artistica che non smette di combattere dall’alto delle proprie barricate costruite con il disagio e la sofferenza della non visibilità, della mancanza di accoglienza da parte delle varie agenzie di spettacolo che preferiscono il vuoto e inutile nome del momento, il tristo indie impegnato al vero artista capace di trasmettere un reale messaggio culturale. Un’Italia alla deriva, priva di valori, un deserto culturale nel quale continuano a muoversi e combattere pochi visionari e tenaci poeti giunti da altre epoche, in grado di iniettare furore passionario al solo guardarli e ascoltarli, piccoli eroi moderni che non rinunciano al proprio pensiero libero e indipendente.
Di questo, abbiamo parlato! Mirco Salvadori (testo e foto)