Anathema
D’amore, di morte e di altri eventi atmosferici
Hanno attraversato il rock gotico e il death metal con spirito progressivo, disegnato affreschi epici con pennellate di suono acustico, esplorato opzioni estetiche contrapposte mantenendo una coerenza fatta di poesia e candore, mantenendo salda la bussola nell’avvicendarsi di formazioni, etichette e produttori. Sul nostro mappamondo musicale si accende nuovamente una lampadina in corrispondenza di Liverpool: ancora giovale e disponibile al termine una lunga giornata di interviste, Vincent Cavanagh è pronto a raccontarcene l’origine.
Un nuovo album degli Anathema e come sempre una nuova direzione…
Tante volte è la canzone stessa a portarti verso nuove direzioni: inizi a suonare e ti senti trascinare da qualche parte. È solo dopo che ti chiedi: beh, cosa diavolo era quello?
Ultimamente qualcuno, riferendosi alla vostra musica, parlava di rock atmosferico. Voi con Weather Systems lo avete interpretato nel senso di “climatico”…
[ridendo di cuore] “climatic rock”, mi piace!
… ma è nato come concept album fin dall’inizio o è un’idea che avete sviluppato da quel nucleo di canzoni a tema che vanno da Gathering of Clouds a Storm Before the Calm, per poi espanderla?
Proprio così! Tutto è iniziato da quelle quattro canzoni che abbiamo scritto ai tempi di We’re Here Because We’re Here, da un lato non potevamo separarle e dall’altro avevamo troppo materiale per l’album, così le abbiamo conservate per farne le fondamenta di qualcosa di successivo. Ci siamo trovati in studio solo in tre, Danny, John e io, con quei quattro pezzi, aggiungendo tracce strumentali e completando diverse generazioni di demo. Poi ho ripescato dal cassetto un riff di chitarra acustica di Danny di cui ci eravamo del tutto dimenticati, risalente a circa sei anni prima: siamo stati tutti presi dall’entusiasmo della scoperta, in un attimo avevamo un quinto brano, e nel frattempo Christer-André si era unito alle sessions. Ci siamo presi due mesi per proseguire il lavoro a Oslo, lì abbiamo realizzato il resto dell’album. È stato in Norvegia che abbiamo avuto la visione complessiva di un disco che è stato per noi il più facile di tutti quelli fatti finora, in parte perché Christer-André Cederberg è un produttore incredibile ed è diventato un grandissimo amico, poi perché spezzare il lavoro, metà a Liverpool e metà a Oslo, è risultato più piacevole. Dalla sessione di Oslo è avanzata una canzone che non abbiamo utilizzato ma che ci piace molto, semplicemente non era adatta al disco. Magari sarà l’inizio di una nuova direzione…
Su Rockerilla di Maggio l’intervista completa di Enrico Ramunni.
ANATHEMA
Weather Systems
K-Scope
La trasformazione del suono Anathema avviata a suo tempo con A Natural Disaster è ormai completa: dopo l’ottimo We’re Here Because We’re Here del 2010 e l’interlocutorio Falling Deeper dello scorso anno si cominciava a parlare di “rock atmosferico” per designare la produzione di una band sorta all’inizio degli anni ’90 in ambito doom metal. Detto fatto, questo peculiare collettivo binucleare – attualmente integrato dai tre fratelli Cavanagh e dai due Douglas – ha pensato bene di dare un’accezione meteorologica a questa definizione, lasciando un concept vitale e dal forte impatto radiofonico in balia degli agenti naturali. Il prologo con i due movimenti di Untouchable evidenzia subito l’accresciuto ruolo della voce femminile di Lee Douglas nell’equilibrio complessivo: se nella prima parte il suo è un controcanto alla linea solista di Vincent Cavanagh, nella seconda prende l’iniziativa, planando sulle correnti ascensionali di una sommessa piano ballad. Il clima muta a partire da The Gathering of the Clouds, e il tuono elettrico che squarcia il sereno paesaggio di Lightning Song porta una pioggia magnetica senza la carica metal del passato. The Storm Before the Calm vibra di energia psichedelica, e gli incantati Internal Landscapes attivano suggestioni cinematiche con tanto di voce fuori campo: non sono che i momenti più significativi di un’opera di pregio, rifinita in ogni dettaglio.
Enrico Ramunni, Rockerilla n°380, Aprile 2012