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ALLEN STONE

Milano | Biko | 19 aprile

Se un concerto si propone prima di tutto di essere una festa, allora difficilmente quelli organizzati da Allen Stone possono tradire quel genere di attesa.

Anche se qualche volta – com’è stato nel caso dell’appuntamento dato dal giovane e biondo soul brother americano ai suoi estimatori (italiani e non) presenti al Biko di Milano – bisogna fare di necessità virtù e rinunciare perciò al supporto di una sacrosanta sezione fiati.

A supplire a quell’assenza hanno provveduto infatti l’esuberanza, l’euforia, l’entusiasmo, la voglia di suonare che questo hippy fuori tempo massimo ha riversato senza risparmio lungo gli oltre novanta minuti della sua performance.

Supportato da una sezione ritmica che pare essere stata arruolata prima di tutto in base alla muscolarità di ciascuno dei suoi effettivi, Allen Stone ha letteralmente galvanizzato una platea preparata più che a dovere dal programma raccolto e sciorinato nell’ancora fresco di stampa Radius.

Le promesse pronunciate dal suo nuovo album sono state così mantenute in tutto e per tutto da un live che ha esaltato una volta di più le straordinarie qualità di una voce capace di ogni sorta di acrobazia sul filo del rock n‘soul e del funk.

Ma al di là del suo stupefacente falsetto, Stone dispone di armi non meno efficaci per tenere saldamente in pugno il pubblico. Un istrionismo, il suo, che ha assai poco del mestierante e molto viceversa del genuino e appassionato fruitore di musica. Magari un tantino fané, a voler indugiare sulle sue manifeste rimembranze della stagione dei figli dei fiori, ma non per questo meno apprezzato da una platea che in quella ritualità antica pare aver ritrovato soprattutto il piacere e la spensieratezza dell’evento musicale tout court.

Tant’è che la domanda What kind of voodoo did you do? reiterata nell’encore del Biko a tutti suona inequivocabilmente retorica: quella “magia”, infatti, si chiama voglia di ascoltare musica che viene dal cuore.

Elio Bussolino     

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