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UN DOCUMENTARIO SU BILLIE HOLIDAY

Presentato fuori concorso al 38° Torino Film Festival in collaborazione con Seeyousound International Music Film Festival, Billie, è il documentario sulla cantante jazz-blues Billie Holiday, realizzato dal regista britannico James Erskine che ha diretto in passato numerose serie di successo, film e documentari, tra cui nel 2014 Pantani: The Accidental Death of a Cyclist. Il lavoro di ricostruzione documentaria di questo nuovo film biografico musicale è stato davvero importante. Non rimangono, infatti, molte immagini o filmati originali dell’artista americana. Il regista li ha recuperati e messi insieme con un lungo lavoro di ricerca in archivi, agenzie fotografiche e con la collaborazione della Fondazione Billie Holiday. Ma il nucleo principale del documentario sono le inedite registrazioni audio realizzate negli anni ’70 dalla giovane giornalista Linda Lipnack Kueh che aveva raccolto le testimonianze delle persone vicine a Billie con l’intento di realizzare un libro su di lei. Si tratta di 125 nastri audio con 200 ore di interviste a personaggi come Charles Mingus, Tony Bennett, Sylvia Syms, Count Basie, agli amici, amanti, familiari e alle altre persone che sono state vicine a Billie durante la sua vita. 

Una vita complicata ma comunque brillante e intensa, sia per la dipendenza da alcol e droga, sia per il suo status di artista donna di colore nell’America segregazionista, conclusasi prematuramente nel 1959 per arresto cardiaco causato dalla cirrosi epatica da cui era affetta. Proprio per rendere omaggio alla sua vita a colori nonostante tutto, il regista ha deciso di far colorizzare le immagini e i filmati d’epoca, anche allo scopo di renderli più accattivanti e avvicinarli al pubblico odierno e soprattutto ai giovani.

Nel documentario si possono sentire le voci originali di Mingus, Basie e degli altri intervistati, con audio restaurato e quindi di qualità molto buona, e vedere le poche immagini e i filmati disponibili su Billie per la prima volta a colori, oltre ovviamente ad ascoltare la sua splendida voce e la sua musica immortale. Linda Lipnack non pubblicò mai il libro, di cui rimane solo il manoscritto insieme alle registrazioni, poiché morì suicida, ma in circostanze non chiare, nel 1978, prima di riuscire a concluderlo. Il documentario di Erskine ricorda anche la figura di Linda e scorre su due livelli narrativi, uno prevalente su Billie e uno su Linda.

La figura di Billie Holiday che emerge è quella di una donna dal grande talento artistico, controversa e trasgressiva, ma anche di un’anticipatrice della lotta per i diritti civili, per i quali si batteva quotidianamente. Nel documentario sentiamo raccontare diversi episodi accaduti nei tour con Count Basie e soprattutto con l’orchestra di Artie Shaw, in cui era l’unica donna e nera. Per il suo colore della pelle a volte doveva entrare nei teatri in cui si svolgevano i concerti dal retro e non dall’ingresso principale insieme agli altri musicisti, dormire in auto o nel furgone mentre gli altri musicisti alloggiavano in hotel, non le era consentito accedere alle toilette nelle stazioni di servizio durante il viaggio, e quando le era concesso di entrare nei locali per mangiare, prendeva un hamburger in più e lo metteva in borsa perché poteva capitare che in un altro locale non la servissero. Non stupisce quindi che nel 1939 cantasse con una sentita e intensa interpretazione una canzone come Strange Fruit, il cui testo parla del linciaggio dei neri e il cui titolo fa riferimento all’immagine delle persone di colore appese agli alberi che purtroppo si vedevano spesso a quei tempi.

Una figura di donna e musicista straordinaria che meritava un documentario come questo a lei dedicato da James Erskine e di cui si può approfondire la conoscenza anche tramite l’autobiografia Lady Sings the Blues, in versione italiana, pubblicata dall’editore Feltrinelli che è anche il distributore per l’Italia del documentario.

Rossana Morriello

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