EDITORS: intervista a Tom Smith
Il puzzle prende forma
Black Gold, primo Best of composto da 13 tracce tratto da una storia lunga 6 album in studio. Versione deluxe col doppio CD arricchito da 8 registrazioni spogliate dei brani del catalogo della band: Distance: The Acoustic Recordings. Tom Smith ne parla con noi.
Stai per caso innalzando una tua personale Torre di Babele? Mi immagino questa grande torre composta da pezzi di puzzle, a che livello sei arrivato?
La mia mente è implosa, mi sento come se ululassi per tirare fuori tutta la vastità del mio pensiero e dargli forma. Abbiamo voluto dare una nuova impronta alle parti inedite del Best Of, quando creiamo insieme viene fuori un’energia che quasi ci porta a scrivere sotto dettatura automatica. È molto importante la conoscenza della materia trattata, percepire bene ciò che si vuole realizzare, come tenerla in mano e dargli una sua dimensione. Dopo aver realizzato qualche album posso affermare di sentirmi bene nel poter scegliere quale direzione dare alla musica senza pormi troppe domande a riguardo, più elettronico o con un guitars path maggiormente incisivo? La gente a volte resta un po’ disorientata ma il Best Of è qui a dimostrarci come tutte le parti di cui siamo composti abbiano una radice comune tra loro e si incastrino nel Pianeta Editors come facenti parte di un unico mondo.
Nella versione deluxe troviamo le versioni acustiche di alcuni brani, una veste che a mio parere ti calza alla perfezione.
Le sento esposte, quasi nude se suonate con queste caratteristiche. È come spogliarsi di certe convinzioni e convenzioni e convertirsi a dei sani principi di scrittura in natura. Adoro suonare con la mia chitarra acustica e immagino che un giorno si possa pensare magari di suonarle live con un accompagnamento orchestrale, sarebbe meraviglioso.
Fatichiamo ad identificarci in questa società e di conseguenza anche il mondo che ci circonda diventa un corollario di movimenti impercettibili. ConSmokers Outside Hospital Doorsconfermi quanto sia fondamentale osservarci attorno per ponderare e trovare nuove forme di traslazione comunicativa.
Sì, assolutamente. Sono immagini, si riflettono nel mio inconscio, le catturo e le porto a galla, come credo tutti più o meno facciano. Le immagini hanno anche caratteristiche forti, ci possono scuotere o lasciare indifferenti ma è proprio nel momento in cui ci colpiscono che sento la necessità, come in questa occasione, di trasferirle. Ricordo di aver visto queste persone in uno stato di malattia, per la prima volta nella mia vita ho chiuso davvero gli occhi e ho avuto come delle visioni di mortalità, nulla che sia da considerarsi come una fase depressiva sia chiaro, ho solo ricevuto delle conferme di quanto si debba essere grati di stare bene nella vita. Una riflessione sulla vulnerabilità.
È una questione di umanità. Che in Frankenstein affronti a viso aperto aprendo un varco nella dimensione della stravaganza solitaria, come vivere (bene) in solitudine con la compagnia (mortifera) di una cadaverica ballerina dal nome curioso Sailor Twift (che ricorda tanto Taylor Swift, nda).
Adoro la metrica teatrale e la ridicolaggine di questo pezzo perché a volte lo siamo un po’ tutti (goffi). Abbiamo bisogno della creazione, non del creatore, ci si deve spingere un po’ fuori dalle consuetudini e affrontare a viso aperto le proprie acrobazie per restare in piedi.
Sappiamo che adori dilettarti al piano ma come ti è saltato in mente di infilare quella sorta di “Tack piano” nella sua versione western-classica (nelle battute finali del brano), ok sappiamo che adori dilettarti al piano…
Quello è il piano di casa mia! È rimasto nella canzone sin dalla versione demo, il contrasto si sovrappone bene alle variazioni ritmiche che spaziano dal pop al polish.
La foto sulla cover dell’album è stata scattata dal premiato fotografo Nadav Kander e l’artwork è stato disegnato dal noto graphic designer Tom Hingston (Massive Attack, The Chemical Brothers, The Rolling Stones). Mi piace definirla la “mano fuligginosa”, la mano operaia.
Un’idea che mi ha colpito sin dal primo istante, vigorosa e carica di significati. Non posso definirla “perfetta” benché magnifica, in quanto il punto non è scorgere o meno ad ogni costo un simbolo di perfezione. La stessa perfezione non si può sempre raggiungere, noi ci creiamo una dimensione tutta nostra affinché la si possa vivere nel modo più realistico possibile e soprattutto con un senso logico. La gente magari ha pensato che ci siamo tuffati a mano aperta nella dimensione oscura. Ci proponiamo con un senso estetico ed un linguaggio simbolico per nulla criptico, semplicemente leggiamo l’attimo e lo trasferiamo su carta, strumento, cover.
Garrett “Jacknife” Lee (U2, Snow Patrol, REM, The Killers), produttore e vincitore di Grammy, fa il suo ritorno dopo il fortunato secondo albumAn End Has A Start,cosa ci prospetta l’imminente futuro?
Credo che torneremo a scrivere nuovi brani col nuovo anno, incontreremo nuove persone e si farà musica. Gli Editors non programmano mai a lungo termine, ci riuniamo e ci facciamo venire nuove idee come credo sia giusto fare per non perdere mai l’occasione di confrontarci e dialogare tra noi. Di sicuro non vogliamo ripeterci, ripercorrere le stesse narrazioni già pubblicate. Il feeling è indispensabile, nuovo, fresco e che produca novità. Questo Best Of è il Capitolo A della nostra storia, e tutto il nostro background acquisito farà sì che il Capitolo B sia altrettanto appetitoso.
Moltissima nuova gioventù si avvicina alla musica con gli strumenti classici, come il piano ma non solo, credo che nel mondo oggi ci sia un’esplosione di batteristi di grande spessore, cosa ne pensi?
Spike, il mio ultimo figlio di 6 anni, suona la batteria. Credo sia nella natura umana sfogarsi e agitarsi con le braccia imbastendo un concerto di movimenti del corpo. Negli ultimi 10 anni tra l’altro abbiamo visto tutti quanto si sia sviluppata la tecnologia applicata alla musica, oggi puoi fare qualunque cosa che poco tempo fa era impensabile ed è davvero eccitante. Matteo Chamey
ph Loris Brunello